Energia – bollette Italia tra le piu' care d'Europa
Per l'industria italiana, e soprattutto per le PMI, i prezzi dell'energia restano al di sopra della media Ue. È quanto emerge dall'analisi trimestrale del sistema energetico italiano realizzata da Enea.
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Elettricità e prodotti petroliferi fra i più cari d'Europa, prezzi del gas competitivi per le grandi imprese ma non per le PMI. E' la fotografia scattata dal primo numero dell’Analisi trimestrale del sistema energetico italiano, realizzata da ENEA.
Il report analizza il primo trimestre 2016 e le principali tendenze 2015 e fornisce una valutazione della transizione energetica verso un sistema a basso tenore di carbonio, attraverso un indice sintetico del livello di soddisfacimento del cosiddetto trilemma energetico: decarbonizzazione, sicurezza energetica e costo dell’energia.
Bollette italiane fra le più care d'Europa
La principale criticità del sistema italiano riscontrata dal report è legata al costo dell’energia, che incide sulla competitività del sistema produttivo.
Elettricità
I prezzi medi dell’energia elettrica pagati dall’industria italiana, al netto di IVA e altre imposte detraibili, risultano tendenzialmente superiori a quelli sostenuti da imprese appartenenti alle altre principali economie europee, in particolare per le fasce di consumo bassa (500-2.000 MWh) e media (2.000- 20.000 MWh).
Più nello specifico, il prezzo pagato dall’industria italiana, sia nella fascia più bassa che in quella intermedia, risulta essere di circa 4 centesimi più alto rispetto alla media dei 28 Paesi dell’Ue (i dati si riferiscono alle stime fornite da Eurostat per il primo semestre 2015): nelle due fasce il prezzo è di circa 0,16 e 0,15 €/kWh in Italia, contro una media Ue di circa 0,12 e 0,11€/kWh. In entrambe le fasce di consumo, inoltre, i prezzi in Germania e Gran Bretagna non sono molto inferiori a quelli italiani, mentre decisamente inferiori alla media Ue sono i prezzi in Francia.
Tuttavia, a partire dal 2013, si evidenzia una tendenziale riduzione nel prezzo dell’energia elettrica per le industrie italiane in tutte e tre le fasce di consumo, in particolare in quella più alta. L’Italia risulta sostanzialmente allineata alla Germania, con un’incidenza delle tasse e imposte non detraibili in crescita dal 2010 e superiore a quella degli altri Paesi europei esaminati.
Lo scostamento tra il peso che tasse e imposte non detraibili hanno sul prezzo finale dell’energia in Italia rispetto al peso che mediamente hanno nei Paesi dell’Ue, salvo poche eccezioni, risulta quasi sempre superiore a 1,5, indicando il maggiore onere delle imprese italiane per la copertura di tasse e imposte non recuperabili.
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Prodotti petroliferi
Anche in questo caso, e pur registando un forte calo, i prezzi restano superiori alla media Ue. Per quanto riguarda il prezzo al consumo del gasolio per trasporti, si evidenzia un andamento decrescente negli ultimi anni nei diversi Paesi europei, chiaramente conseguente al crollo del prezzo del petrolio sui mercati internazionali (un calo di oltre il 30% rispetto al 2012).
In Italia i prezzi rimangono tuttavia superiori rispetto a quelli degli altri Paesi Ue, ad esclusione del Regno Unito: nonostante la differenza rispetto alla media Ue si sia progressivamente ridotta nel tempo, il prezzo del gasolio praticato in Italia ad aprile 2016 è risultato ancora di circa 16 centesimi di euro maggiore. Rimane elevata anche l’incidenza di tasse e imposte sul prezzo finale del gasolio, in crescita nell’ultimo anno, come negli altri Paesi europei, essenzialmente a seguito del calo del prezzo del petrolio sui mercati internazionali: in Italia la percentuale della tassazione sul prezzo al consumo di gasolio ad aprile 2016 risulta pari al 68,4% rispetto alla media europea del 62,7%.
Gas
In questo caso, i prezzi italiani sul mercato sono sì allineati a quelli europei, ma restano differenze legate alla fiscalità, che crea uno squilibrio fra grandi imprese e PMI.
Se infatti si analizzano i prezzi al netto delle tasse e imposte deducibili, la posizione relativa dei prezzi italiani rispetto a quelli Ue risulta molto più differenziata: i prezzi italiani sono infatti i più alti per la classe di consumo annuo compreso tra 1.000 e 10.000 GJ (cioè fino a 263.000 metri cubi), associabile ad imprese di piccole dimensioni, mentre sono in linea con la media Ue nel caso della fascia dei grandissimi consumatori.
Le differenze tra i prezzi del gas pagati dai consumatori industriali italiani e i quelli pagati dai consumatori degli altri Paesi europei sono dunque sostanzialmente legate alla diversa incidenza della componente fiscale. L’Italia si caratterizza per un sistema d’imposte che penalizza i consumatori industriali meno energivori, mentre in Germania la pressione fiscale aumenta proporzionalmente al consumo.
L’incidenza fiscale in Italia per le prime due classi a minor consumo è decisamente alta, raggiungendo nel 2015 il 12% nel caso della fascia di consumi annui compresi tra 1.000–10.000 GJ, contro una media europea dell’8,5%. Al contrario, tale incidenza scende in maniera decisa per le classi a maggiori consumi, fino a toccare 1,4% nell’ultima classe, contro un corrispondente valore medio europeo intorno al 7%.
L’accisa sul gas metano in Italia, principale componente delle imposte sui consumi del gas, suddivisa in due scaglioni, cresce del 67% per gli utilizzatori industriali (termoelettrici esclusi) con consumi inferiori a 1.200.000 metri cubi per anno (circa 46.000 GJ). Inoltre, tra le grandi imprese, sono esenti dalla tassazione alcune attività specifiche, tra cui i processi di riduzione chimica, i processi elettrolitici, metallurgici e mineralogici.
Nel caso delle PMI l’aggravio di costo è inoltre accresciuto dal fatto che la maggior parte di queste sono allacciate alla rete di distribuzione, ulteriore componente di costo che grava sul prezzo finale (la tariffa di distribuzione) e che invece non tocca i clienti industriali di grandi dimensioni, allacciati alla rete di trasporto nazionale.
> ENEA - Analisi trimestrale del sistema energetico italiano