Strategia energetica nazionale – cosa ne pensano scienziati e ambientalisti
Il punto di vista del gruppo di scienziati di Bologna “Energia per l’Italia” e di Legambiente sulla Strategia energetica nazionale (SEN).
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Aumentare la competitività del Paese allineando i prezzi energetici a quelli europei, migliorare la sicurezza dell’approvvigionamento e della fornitura, decarbonizzare il sistema energetico in linea con gli obiettivi di lungo termine dell’Accordo di Parigi, che vanno confermati come irreversibili: sono questi i temi chiave che hanno guidato l’elaborazione della nuova Strategia energetica nazionale (SEN), presentata a maggio dal ministri dello Sviluppo economico e dell'Ambiente Carlo Calenda e Gian Luca Galletti alla Camera e fino a metà luglio oggetto di una consultazione pubblica.
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Ecco cosa ne pensano scienziati e ambientalisti.
Gruppo di scienziati di Bologna “Energia per l’Italia”
Un documento che affronta, punto per punto, gli elementi centrali della Strategia energetica nazionale (SEN), quello redatto dagli scienziati e ricercatori “Energia per l’Italia”.
Un estratto del documento:
Dopo un’attenta lettura della bozza SEN, si possono fare le seguenti considerazioni.
Coordinamento. Considerata la stretta connessione fra la scelta delle fonti energetiche e le conseguenze che ne possono derivare su clima e ambiente, risulta difficile capire le motivazioni per cui il Ministero delle Sviluppo Economico prepari una Strategia Energetica Nazionale e, allo stesso tempo, il Ministero dell’Ambiente prepari una Strategia energia-clima. In altri paesi si procede solitamente alla preparazione di un unico programma che, oltre a rispettare gli accordi di Parigi e gli obiettivi UE, tiene conto delle caratteristiche e delle esigenze specifiche del paese.
Fonti rinnovabili. L’obiettivo della SEN è in linea con quelli europei (27% di rinnovabili nei consumi finali al 2030; ad oggi la stima è del 17,5%). C’è però chi pensa che sia necessario giungere al 35% di energia rinnovabile per rispettare lʼaccordo di Parigi. LʼItalia, in ogni caso, deve e può fare di più. Alla fine del 2015 avevamo circa 19 mila MW di fotovoltaico installato e circa 9 mila MW di eolico. Il nostro paese ha conosciuto un forte sviluppo delle fonti rinnovabili fino al 2013, ma da più di tre anni è in stasi con la conseguente perdita di migliaia di posti di lavoro.
Più in dettaglio, non si può che essere d’accordo con l’obiettivo della SEN di promuovere l’autoconsumo per i possessori di piccoli impianti, soluzione finora fortemente scoraggiata dalla burocrazia e persino impedita da alcune norme. Parallelamente sarà però necessario facilitare la diffusione di metodi di accumulo. Positiva anche la decisione di promuovere la costruzione di grandi impianti fotovoltaici. A questo proposito, non si capisce perché Enel sia così attiva nel costruire grandi impianti di energie rinnovabili all’estero e del tutto assente, in questo campo, in Italia. Forse perché disturberebbe altri importanti operatori del settore energetico?
Efficienza energetica. La SEN riconosce che è necessaria una riqualificazione energetica su larga scala del nostro patrimonio edilizio, agendo su palazzi, agglomerati di edifici e interi quartieri con metodologie simili a quelle adottate con successo in altri paesi ed intervenendo, contemporaneamente, sulle criticità sismiche. Perché il programma abbia successo, è però necessario un piano adeguato di incentivi per anticipare le risorse necessarie.
Uscita dal carbone. Nella SEN è prevista tra il 2025 e il 2030. Nel caso in cui ciò si verificasse nel 2025, secondo la SEN si dovrebbero pagare circa 3 miliardi di euro di compensazione ai proprietari delle centrali non ancora ammortizzate. A questo proposito ci si chiede: 1) Possibile che impianti così vecchi non saranno ancora del tutto ammortizzati nel 2025? 2) E’ stato calcolato il risparmio dovuto ai benefici sanitari e climatici che deriverebbero dall’uscita anticipata, considerato che lʼAgenzia Europea per lʼAmbiente ha stimato in oltre 500 milioni di euro lʼanno gli impatti della sola centrale di Brindisi? 3) E’ stato calcolato il risparmio generato dalla mancata importazione del carbone?
In ogni caso, il problema delle compensazioni per impianti non adeguatamente sfruttati deve insegnarci che le grandi opere nel settore energetico vanno valutate in base all’effettivo bisogno che ci sarà in futuro (vide infra).
Investimenti per il gas. La SEN prevede di investire sul gas per ottenere elettricità in sostituzione del carbone, come risorsa di back up delle fonti rinnovabili e per diversificare le fonti di approvvigionamento. A questo proposito bisogna anzitutto notare che il consumo di gas, che era di circa 85 Gm3 all’anno nel periodo 2005-2008, è diminuito negli ultimi anni (71 Gm3 nel 2016) e certamente continuerà a diminuire. C’è quindi il rischio di costruire infrastrutture che rimarranno inutilizzate o sotto utilizzate, come è accaduto per i rigassificatori, con spreco di denaro pubblico o con la necessità di successive compensazioni per il mancato uso. Poiché in futuro per vari motivi si produrrà e si userà sempre più energia elettrica, sarebbe meglio investire in sistemi di accumulo dell’elettricità piuttosto che in centrali a gas di back up o in impianti di stoccaggio geologico del gas di importazione.
Trasporti. La SEN propone di estendere l’uso del gas come combustibile. Questo è anche quanto sostiene Eni nelle numerose pagine pubblicitarie sulla stampa e nei frequenti spot TV: il metano come ponte verso l’uso (remoto) delle fonti rinnovabili. Bisogna notare, però, che l’utilizzo del metano abbatte solo in parte l’inquinamento atmosferico e non porta alcun vantaggio per quanto riguarda il cambiamento climatico. E’ vero, infatti, che a parità di energia prodotta la quantità di CO2 generata dal gas naturale è inferiore di almeno il 20% di quella generata quando si usano derivati del petrolio, ma è anche vero che il metano è un gas serra 72 volte più potente di CO2quando l’effetto è misurato su 20 anni e 25 volte più potente quando misurato su 100 anni. Poiché nella lunga filiera del metano si stima ci siano perdite di almeno il 3% rispetto alla quantità di gas usato, è chiaro che passando al metano non si combatte affatto il cambiamento climatico.
Conclusioni. Definire le linee di indirizzo per una valida Strategia Energetica Nazionale è un problema complesso, che deve essere affrontato congiuntamente da almeno cinque prospettive diverse: scientifica, economica, sociale, ambientale e culturale.
A nostro parere gli obiettivi principali delle Strategia Energetica Nazionale per un paese come l’Italia dovrebbero essere due, come già avemmo modo di segnalare al precedente governo:
- Ridurre il consumo di energia, obiettivo che deve essere perseguito mediante un aumento dell’efficienza energetica e, ancor più, educando alla cultura della parsimonia, principio di fondamentale importanza per vivere in un mondo che ha risorse limitate;
- Facilitare e accelerare la transizione dall’uso dei combustibili fossili a quello delle energie rinnovabili, anche nell’ottica di una più generale transizione dall’economia lineare all’economia circolare.
Perseguendo questi due obiettivi, si potrebbero raggiungere importanti risultati:
- riduzione delle importazioni di combustibili fossili;
- maggiore indipendenza energetica;
- miglioramento nella bilancia dei pagamenti;
- riduzione (non espansione!) fino a totale cessazione dell’estrazione di combustibili fossili nel nostro suolo e nei nostri mari, evitando così la degradazione del paesaggio e il rischio di incidenti che potrebbero compromettere il turismo, che è un’enorme fonte di ricchezza certa per l’economia nazionale;
- superamento dei modesti obiettivi dichiarati dal nostro paese alla COP21, con un conseguente maggiore abbattimento non solo di gas serra, ma anche delle sostanze inquinanti e quindi dei costi sociali ed economici da esse provocati; ricordiamo che secondo l’Agenzia Europea per l’Ambiente in Italia avvengono più di 90 mila morti premature ogni anno (in termini di anni di vita persi, circa 16 anni ogni 1000 abitanti);
- creazione di nuovi posti di lavoro particolarmente nel settore manifatturiero.
Il punto di vista di Legambiente
Gli ambientalisti sottolineano luci ed ombre della strategia presentata dal Governo.
La nota di Katiuscia Eroe, responsabile energia di Legambiente:
Ci si aspettava certamente di più dalla Strategia Energetica Nazionale che ad una prima lettura appare inefficace per il raggiungimento degli obiettivi climatici e che presenta luci e pesanti ombre che rischiano di mettere profondamente a rischio il processo di decarbonizzazione – già in atto – al 2050, impensabile al 2035 come molti studiosi e ricercatori continuano a sostenere se vogliamo impedire l’innalzamento della temperatura globale di 1,5-2°C.
Due gli elementi positivi contenuti nel documento presentato pochi giorni fa dal Governo e oggi in consultazione fino al 12 luglio: da una parte la conferma dell’uscita dal carbone al 2030, già anticipata da alcune aziende nazionali e passo fondamentale per contrastare i cambiamenti climatici e i suoi effetti. Dall’altra l'apertura alle fonti rinnovabili, a nuovi sistemi energetici, dall’autoproduzione alle comunità energetiche al ruolo dei prosumer, così come sviluppo allo sviluppo della mobilità sostenibile e dell’efficienza energetica. Tutti strumenti fondamentali non solo per il raggiungimento degli obiettivi climatici, ma anche per il rilancio economico del Paese, nonché la nascita di nuovi posti di lavoro, fino ad un milione solo nel settore edilizio tra messa in sicurezza sismica ed efficientamento.
Infine positivo leggere per la prima volta anche per il nostro Paese un piano di decarbonizzazione, una vittoria per molti ambientalisti che da anni lottano per ottenere questo risultato. Così come una maggiore attenzione alle fasce di popolazione più in difficoltà.
Ma non è tutto ora quello che luccica, per il raggiungimento degli obiettivi di decarbonizzazione al 2050 servono strumenti concreti e puntuali, in grado di rilanciare il settore dell’energia sostenibile e di interpretare attraverso strategie lungimiranti e a lungo termine il futuro di questo Paese.
Infatti nella SEN “di lungo termine” molto precise sembrano solo le politiche e le strategie legate al rafforzamento dell’intera filiera del gas, da gasdotti e rigassificatori, alla metanizzazioni di intere porzioni di territorio, come nel caso della Sardegna. Attenti e dettagliati i piani di sviluppo descritti, gli scenari geopolitici possibili e le tante possibili strategie in nome della sicurezza degli approvigionamenti gas. Quasi tutti da luoghi che di stabile hanno poco.
Un' attenzione che manca invece nella parte delle rinnovabili, dell’efficienza e della mobilità con obiettivi timidi e insufficienti è una scarsa valorizzazione di tutte le fonti rinnovabili. Già previste le modalità di finanziamento del “Piano Gas” con molti investimenti per privati ma se fallimentari pagate attraverso le bollette dei cittadini, senza una reale valorizzazione degli impianti esistenti e oggi sottoutilizzati, vedi il caso dell’OLT di Livorno.
Che il gas sarà uno strumento essenziale e fondamentale per la transizione verso un futuro 100% rinnovabile è fuori discussione, ma nel presentare la SEN questo assume un ruolo troppo centrale che rischia di frenare il processo di decarbonizzazione.
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