Rapporto ABI 2017 - le banche e la sfida della digitalizzazione
Il Rapporto ABI 2017 sul mercato del lavoro nel settore finanziario fa il punto sulla posizione competitiva del settore bancario italiano.
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La sempre maggiore digitalizzazione costituisce un elemento che incide sempre di più nella definizione dello scenario economico, producendo i suoi effetti sia sui modelli di business sia sui processi produttivi delle imprese, ma soprattutto creando nuove modalità di relazione con i clienti. E' quanto emerge dalla venticinquesima edizione del Rapporto ABI 2017 sul mercato del lavoro nell’industria finanziaria, presentato lunedì a Milano.
La presentazione del volume è stata introdotta da Eliano Omar Lodesani, Presidente del Comitato Affari Sindacali e del Lavoro di ABI e, all’illustrazione dei principali risultati da parte di Gianfranco Torriero, Vice Direttore Generale di ABI, Responsabile della Direzione Strategie e Mercati Finanziari, e da Stefano Bottino, Direttore Centrale di ABI, Responsabile della Direzione Sindacale e del Lavoro, sono seguiti gli interventi di Maurizio Del Conte, Presidente ANPAL (Agenzia Nazionale Politiche Attive del Lavoro), e del Prof. Marco Marazza, Ordinario di Diritto del Lavoro e Relazioni Industriali presso l’Università degli Studi di Roma "Universitas Mercatorum" e l’Università Luiss Guido Carli.
L'impatto della digitalizzazione sul settore bancario
Il settore bancario è tra i più coinvolti nella sfida della digitalizzazione, in competizione – tra l’altro – con operatori non bancari che offrono servizi senza i vincoli, anche regolamentari, che invece gravano sulle banche.
Sono in corso profondi mutamenti nel settore bancario in Italia e in Europa, tra cui:
- una riduzione del numero degli sportelli “fisici” e una riorganizzazione della rete, in favore dei canali telematici, con positivi effetti sulla flessibilità dell’organizzazione del lavoro;
- una crescita del numero di lavoratori impiegati nelle attività commerciali, di consulenza specializzata, di customer service anche fuori sede, con particolare riguardo a nuovi mestieri anche in ambiti diversi da quelli della tradizionale attività bancaria;
- una diminuzione del numero di lavoratori impiegati allo sportello e al back office, in esito alla semplificazione e standardizzazione delle attività e per effetto della smaterializzazione;
- lo sviluppo di modalità alternative di relazione con il cliente, anche “a domicilio” e basate sull’utilizzo di strumenti di comunicazione a distanza;
- la distribuzione e l’offerta di prodotti e servizi nuovi e personalizzati.
Tutto ciò incide, oltre che sull’organizzazione e sul mercato del lavoro, sulle regole del diritto del lavoro e sindacale che devono adeguarsi ad un nuovo contesto che, tra l’altro, comporta il progressivo superamento delle stesse nozioni di spazio e di tempo della prestazione lavorativa su cui, per decenni, sono state edificate le strutture normative che disciplinano il rapporto di lavoro.
Qualità del personale in crescita
Di fronte a questo quadro in evoluzione, i dati esaminati nel Rapporto ABI 2017 sul mercato del lavoro evidenziano una limitata contrazione occupazionale del personale bancario (0,7% tra il 2015 e il 2016). La stabilità del rapporto di lavoro si conferma come valore fondamentale, con un’incidenza del 99% dei contratti a tempo indeterminato (compresi gli apprendisti).
La qualità del personale, misurata attraverso il titolo di studio conseguito, è in continua crescita: i laureati rappresentano infatti il 38,8% del personale bancario. La presenza di personale femminile è in costante aumento (45,2%).
I gap che penalizzano le banche italiane
L’analisi di confronto internazionale evidenzia il permanere di una generalizzata bassa redditività dei mercati bancari europei. In Italia si rileva una struttura di costo che si conferma più onerosa della media in termini relativi e un mix di ricavi che la espone in modo più diretto al basso livello dei tassi di interesse e alla ancora limitata dinamica del ciclo economico, anche se in significativa ripresa.
A ciò si aggiunge un quadro delle regole e di vigilanza che si caratterizza per la scarsa stabilità e certezza del diritto, contribuendo in tal modo a rallentare lo sviluppo dell’attività bancaria. Questi fattori, insieme alla questione della gestione dei crediti deteriorati, che ha assunto una valenza prioritaria per i regolamentatori, stanno determinando profondi interventi di adeguamento delle strutture aziendali, con riflessi gestionali e organizzativi in tutta Europa, pur con grandezze e dinamiche diverse tra tipologie di banche e tra Paesi.
In particolare, l’analisi mostra il permanere di un gap a sfavore dei gruppi bancari italiani rispetto ai maggiori concorrenti europei sui principali indicatori utilizzati nella valutazione dell’efficienza della gestione della struttura di costo, e del costo per il personale in particolare, oltre che sulla redditività.
In quest’ottica, la recente ripresa del ciclo economico, i cui effetti si stanno cominciando a materializzare nei conti bancari del 2017, deve essere da stimolo alla prosecuzione degli sforzi in atto; significativi recuperi di redditività si potranno, infatti, conseguire solo con ulteriori azioni volte a contenere i costi operativi complessivi.
Andare avanti con le riforme
In particolare in termini di rinnovamento del modello distributivo, che rappresenta uno dei principali fattori di costo per le banche italiane, in virtù del modello di business che le caratterizza.
Oltre all’esigenza della prosecuzione di interventi gestionali da parte delle banche va tuttavia confermata, da un lato, la necessità che non si arresti il processo delle riforme strutturali a livello nazionale e, dall’altro, il fondamentale ruolo svolto dalla regolamentazione. Il tutto per colmare la distanza che ancora separa l’Italia dalle principali economie e contribuire a una crescita permanentemente più robusta nei prossimi anni.