Startup Day – un piano e 5 miliardi per rilanciare l'innovazione
Mettete attorno a un tavolo oltre 40 esponenti dell'innovazione italiana, tra startup, investitori e imprenditori e avrete una proposta per dare nuova linfa a un settore in crisi: un piano da 5 miliardi in 5 anni.
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Si sono dati appuntamento a Roma, al Tempio di Adriano, gli esponenti italiani dell'innovazione. L'occasione era lo Startup Day organizzato da AGI e che ha raccolto intorno a un tavolo investitori, venture capitalist, startup, istituzioni e politici.
Un settore, quello dell'innovazione italiana, che certo non vive il suo momento migliore. E non perché manchino idee, ma perché mancano gli investimenti: mentre i cugini d'oltralpe (che negli ultimi due anni hanno investito quasi 5 miliardi e mezzo in startup innovative) hanno annunciato nelle scorse settimane la nascita di un fondo d’investimento da 13 miliardi di dollari, l'Italia resta indietro (dai 205 milioni di euro investiti nel 2016 si è passati ai 125 milioni del 2017).
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Siamo all'anno zero
“Di quello che era diventato un argomento popolare, oggi non c'è più traccia. Anche nella Legge di Bilancio le proposte relative alle startup sono state bocciate”, sottolinea Riccardo Luna, direttore responsabile di Agi e moderatore dell'evento.
“Abbiamo fallito, se i partiti non ritengono oggi le startup un’istanza centrale per il Paese non c’è altra spiegazione”, gli fa eco Marco Bicocchi Pichi, presidente di Italia Startup.
A fotografare l'ecosistema italiano è Gianluca Dettori, presidente e fondatore della società di venture capital dPixel: “Dobbiamo ammetterlo, in Italia nessuno può dire di avere guadagnato con un fondo di venture capital, siamo all'anno zero e spiegare quello che facciamo è complicato”.
Come sottolinea Massimiliano Magrini, presidente di United Ventures, “in questi anni non si è capito a cosa servono le startup, non si è capito che sono un motore di conoscenza e innovazione che fa bene a tutte le imprese, all’intero ecosistema economico”.
La proposta: 5 miliardi in 5 anni e un piano nazionale per l'innovazione
Lo Stato, dunque, deve tornare a farsi sentire. La richiesta che viene dallo Startup Day è quella di una strategia che guardi da qui a 10 anni e contribuisca agli investimenti nel venture capital, un’azione di politica industriale che invogli l’investimento in questo settore, crei i primi ritorni, alimentando un circolo virtuoso.
Il presidente di Docomo Digital Mauro Del Rio invita però a prestare attenzione: il venture capital italiano dovrebbe “investire con il pubblico”, guardandosi però dalla “gestione dei soldi”, di cui non dovrebbe beneficiare”.
È Salvo Mizzi, ex amministratore delegato di Invitalia Ventures, ora general partner di Principia SGR ad avanzare la proposta forse più interessante: un piano da 5 miliardi in 5 anni da investire in startup, facendo leva sulla creazione di un fondo di fondi di coinvestimento, sui Piani individuali di risparmio (PIR) e coinvolgendo le grandi idee italiane per azioni concrete di venture capital.
Una proposta sottoscritta dagli investitori presenti, Andrea Di Camillo (P101), Claudio Giuliano (Innogest), Massimiliano Magrini (United Ventures) e Fausto Boni (360 Capital Partner).
Le startup: basta soldi a pioggia
Davide Dattoli, fondatore di una delle reti di coworking più estese in Europa, Talent Garden, chiede di smetterla di “fare i democristiani”. Ovvero, “basta dare soldi a pioggia a tante startup. Concentriamo gli investimenti in meno aziende, ma che siano in grado di creare i nuovi campioni del digitale italiano”.
Una questione, quella della distribuzione degli investimenti italiani nelle startup, sollevata anche dai dati Dealroom, che oltre a mostrare il ritardo italiano nel settore, fotografa il perdurare di questo vizio italiano. Basta confrontare il nostro con altri Paesi europei, come la Norvegia: sebbene allineati sul piano delle risorse investite in startup (l'Italia ha investito 205 milioni di euro nel 2016 e 125 nel 2017, mentre il paese scandinavo ha investito 168 milioni di euro nel 2016 e 134 nel 2017), la differenza si nota eccome a guardare i round di investimenti (nei due anni presi in esame quelli italiani sono passati da 279 a 190, contro i 19 del 2016 e 12 del 2017 della Norvegia).
“Per fare grandi aziende e portare il proprio prodotto in giro per il mondo bisogna avere il coraggio di investire, noi lo abbiamo fatto da soli con le nostre forze”, nota Giovanni De Lisi, amministratore delegato di Greenrail, startup che ha creato delle speciali traversine in gomma che consentono di produrre energia elettrica al passaggio dei treni, ricordando la ritrosìa dei fondi di venture di investire nella “nostra tipologia di prodotto”.
Arcuri: la relazione tra fondi e innovazione e' un ossimoro
Assente per altri impegni istituzionali, il ministro dello Sviluppo economico Carlo Calenda ha rilanciato via Twitter le parole di Layla Pavone (Digital Magics), che ha chiesto una nuova cabina di regia per le startup.
“Per fare innovazione servono tempo, semplificazione, norme di vantaggio, fiscalità compatibile, pazienza, capitale umano, tenacia, riconoscimento sociale, ecosistema. Solo dopo tutto questo servono i capitali”, dichiara Domenico Arcuri, amministratore delegato di Invitalia intervenendo allo Startup Day.
“Trovo che la relazione tra fondi e innovazione sia un ossimoro, non credo che per produrre innovazione servano fondi. Partire dicendo che servono capitali mi fa pensare a una stagione della cultura della domanda e riguarda la generazione che ci ha preceduto. Il vero capitale che dobbiamo provare a investire è la fiducia”.
Le proposte dei partiti: dalla Flat Tax alla banca nazione di investimento
Tre i partiti presenti allo Startup Day che, complice la campagna elettorale, hanno avanzato alcune proposte.
C'è Forza Italia, rappresenata dal deputato e responsabile innovazione del partito di Silvio Berlusconi Antonio Palmieri, che ha chiesto di “non perdere questo tesoro di proposte” e di “formalizzarle, metterle insieme in un pacchetto e di mandarle ai partiti”. La Flat Tax, nota, “aiuterà a semplificare la situazione delle imprese”.
C'è anche la Lega Nord, rappresentata da Armando Siri, consigliere economico di Matteo Salvini, che punta il radar sulle detrazioni del 50% dell’Irpef.
E c'è la deputata del Movimento 5 Stelle Laura Castelli, che propone la creazione di una “Banca nazionale di investimento sul modello tedesco, o francese”, ma anche di una “Agenzia nazionale che tenga i fili di una strategia nazionale e tuteli le aziende da operazioni di acquisizione dall’estero”.