CETA: studio Roma Tre, impatto su Pil Italia superiore a media UE
Tutela delle Indicazioni Geografiche e analisi ex-ante del possibile impatto economico del CETA sull’economia italiana. Sono questi i punti al centro di un nuovo studio sull'accordo UE-Canada realizzato dall’Università Roma Tre.
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Il Centro Studi Manlio Rossi Doria (CRES), Centro di eccellenza riconosciuto dal Ministero dell’istruzione e ricerca (MIUR) istituito presso l’Università di Roma Tre, ha pubblicato un nuova ricerca sull’Accordo Economico e Commerciale Globale (CETA) tra UE e Canada che, per ora, è applicato in modalità provvisoria in attesa della ratifica da parte degli Stati Membri.
In particolare lo studio “Gli accordi commerciali e l’Italia: il caso del CETA” propone una valutazione ex-ante del possibile impatto del CETA sull’Italia sia in termini di flussi commerciali lordi che di valore aggiunto.
Si tratta di una simulazione che, a differenza di altre analisi realizzate con metodologie analoghe, contiene un elemento di novità dato che viene presa in considerazione la presenza dell’Italia come singolo paese all’interno dell'UE. Tale impostazione consente quindi di valutare, per la prima volta, se e in che misura l’impatto del CETA sull’economia italiana si differenzia da quello sugli altri paesi UE, in un arco temporale di analisi che si proietta fino al 2030.
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L’impatto del CETA sull’Italia secondo il CRES
Colmando una lacuna contenuta in altri rapporti sul CETA realizzati con la stessa metodologia (un modello di equilibrio economico generale "CGE" dinamico), lo studio del CRES mette in luce per la prima volta i risultati disaggregati per l’Italia nell’ambito dell’UE.
Le principali valutazioni che emergono sono:
- per l'Italia l'impatto del CETA sul PIL e sugli scambi commerciali è superiore rispetto a quello che si registra nel resto dell’Unione Europea;
- discorso analogo riguarda anche il valore aggiunto. Anche su questo fronte, infatti, il nostro Paese sembra beneficiare dell’Accordo UE-Canada in maniera superiore rispetto al resto dell’Europa;
- conseguenze positive, infine, sembrano esserci anche sul ruolo dell'Italia come fornitore del Canada per la produzione delle esportazioni canadesi. Su questo fronte, infatti, il livello di integrazione tra i due paesi potrebbe condurre ad una maggiore diversificazione settoriale delle imprese italiane coinvolte nei processi di produzione di beni e servizi canadesi destinati all’estero, con l'apertura del mercato canadese a molte imprese italiane che oggi non vi operano.
La tutela delle Indicazioni Geografiche
La nota ha inoltre cercato di fare chiarezza sui contenuti dell’Accordo per quanto riguarda le conseguenze in materia di tutela delle Indicazioni Geografiche. Il CETA infatti prevede il riconoscimento, da parte del Canada, di 143 Indicazioni Geografiche di cui 41 prodotti italiani.
Si tratta di una novità non di poco conto e che potrebbe rivelarsi utile soprattutto per le PMI. Con il CETA, infatti, i 143 prodotti inclusi nell’elenco “saranno protetti dalle imitazioni a un livello paragonabile a quello offerto dalla legislazione dell’UE, evitando così il rischio di essere considerati come denominazioni generiche/ consueti in Canada”.
Un riconoscimento che, sul piano concreto, si trasforma nella possibilità di tutelare i propri marchi e prodotti tramite una semplice azione amministrativa e non più attraverso un’azione giudiziaria, con tutto quello che ne consegue in termini di risparmio di costi e tempi.
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