Commercio e investimenti Ue-Cina: alleanza inevitabile, ma senza ingenuita’
L’aumento del peso economico-diplomatico della Cina nel mondo pone una serie di questioni all’UE, divisa tra opportunità e preoccupazioni. Tra queste il crescente shopping di tecnologie europee da parte di società cinesi e l’intensificarsi delle relazioni bilaterali con i singoli paesi Ue. Ma in prospettiva un’alleanza con Pechino è inevitabile e offre indubbi vantaggi, a condizione di un “fair play”.
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Un nuovo studio della Commissione commercio internazionale del Parlamento europeo fa il punto sul futuro delle relazioni UE-Cina, in un mondo in veloce cambiamento segnato dalla pandemia e dalla guerra commerciale tra Washington e Pechino.
Al centro dell'analisi le prospettive commerciali e degli investimenti con il Paese asiatico su cui gravano una serie di incognite a cominciare dal peso dello Stato nell’economia cinese, dell’aumento degli investimenti cinesi nel vecchio continente concentrati sulle tecnologie, fino l'intensificarsi delle relazioni bilaterali tra Pechino e diverse cancellerie europee che rischiano di minare il complessivo peso negoziale dei paesi europei rispetto alla Cina.
Al di là delle sfide, però, quella con il dragone asiatico è un'alleanza importante, non solo per la rilevanza dell’economia cinese per quella europea, ma anche in relazione alle sfide epocali che ci attendono a cominciare dai cambiamenti climatici.
Su tutto grava l'aumento delle tensioni tra Usa e Cina - con la Casa Bianca in piena campagna elettorale - che però non deve influire sulle relazioni sino-europee.
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Gli investimenti cinesi in Europa
Nelle relazioni economiche tra Cina e Europa il commercio continua ad essere l'aspetto meno problematico, sebbene restino da affrontare diverse sfide in numerosi settori.
Il punto più delicato sono invece gli investimenti. Sebbene la maggior parte degli investimenti diretti esteri (Fdi) vada dall’Europa alla Cina, gli Fdi cinesi in Europa stanno crescendo e, soprattutto, si stanno concentrando sempre di più sulla tecnologia. Rispetto ad una prima fase in cui le acquisizioni si erano concentrate su sport, immobiliare e hotel, infatti, dal 2017 gran parte delle acquisizioni di società cinesi nell'UE sono state nei settori industriale e delle ICT.
Ciò solleva la questione se l'Unione debba temere di perdere il proprio vantaggio tecnologico, soprattutto considerando che le società statali cinesi potrebbero falsare la concorrenza, non solo in Cina, ma anche all'estero attraverso acquisizioni. La rapida e massiccia ondata di acquisizioni di società straniere da parte della Cina, infatti, è diventata sempre più preoccupante perché le società cinesi stanno diventando i principali concorrenti, non solo sul mercato cinese, ma a livello globale.
A spingere le società cinesi verso questa direzione è anche il governo che punta a migliorare l'industria cinese sulla base di piani come Made in China 2025. In tale contesto il governo ha quindi messo a disposizione delle aziende cinesi diversi fondi per consentire loro di aggiornare settori chiave per l’economia cinese, come l'industria dei semiconduttori, attraverso acquisizioni di società all'estero.
In tutto ciò, la sfida posta dagli investimenti cinesi nell'UE è complicata dal modello economico cinese, che rimane incentrato sulla proprietà pubblica e sulla partecipazione attiva del governo nella produzione di beni e servizi.
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Per l’UE l’economia cinese potrebbe diventare più importante di quella Usa
Nonostante gli innumerevoli punti critici nelle relazioni con Pechino, i vantaggi di una collaborazione con la Cina nel medio periodo sono destinati ad aumentare.
Nelle conclusioni, infatti, lo studio afferma che “dato lo slancio di crescita della Cina e la vastità del suo mercato, a medio termine le opportunità per l'UE dovrebbero essere maggiori in Cina rispetto agli Stati Uniti”.
A ciò si aggiungono i vantaggi sistemici legati ad aree di naturale impegno con la Cina, come il contrasto ai cambiamenti climatici e la riforma del sistema multilaterale su cui ha molto senso, in termini di strategia di medio periodo, costruire un dialogo costruttivo con Pechino.
Che fare?
Considerando che un rapporto muscolare con Pechino per forzarla a modificare il proprio modello economico rischia di essere vano - gli Stati Uniti non sono stati in grado di farlo nonostante le recenti misure protezionistiche - lo studio suggerisce che la via migliore resti l'opportunità di impegnarsi con il governo cinese sulle riforme economiche chiave.
In tale contesto lo spazio più ovvio per l'UE per sostenere la Cina a definire un programma di riforme è non solo l'attuale dialogo economico di alto livello ma, soprattutto, il Trattato sugli investimenti bilaterali (BIT) che è stato negoziato negli ultimi sei anni e mezzo.
Nell'ambito del BIT, infatti, il concetto di "neutralità competitiva" potrebbe essere una sede interessante di dialogo, nella misura in cui potrebbe aiutare la Cina a misurare il grado di sostegno del governo alle imprese statali per ridurlo gradualmente e avvicinarsi ad un’economia di mercato.
In attesa che tale approccio dia i suoi frutti, però, l’Unione non deve essere ingenua. Il sistema economico cinese, infatti, resta guidato da uno stato altamente invasivo che crea molteplici tensioni e complicazioni nelle relazioni economiche e che sta creando una concorrenza sleale per le società europee, non solo nel mercato cinese ma anche all'estero, date le dimensioni delle società cinesi a livello globale.
Ciò nonostante la coesistenza feconda ed equilibrata dovrebbe essere l'obiettivo finale delle relazioni economiche Ue-Cina. Per far ciò, però, è fondamentale che gli Stati membri siano uniti quando negoziano le loro relazioni economiche con la Cina, per non diluire il potere negoziale dell'UE, permettendo a Bruxelles di avere una propria strategia univoca sulla Cina, a cominciare appunto da quella sugli investimenti.
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