Investimenti pubblici: o si migliora la PA o i fondi UE non verranno spesi
Prima della crisi del 2008 gli investimenti pubblici si aggiravano sui 60 miliardi di euro l’anno. Dopo la crisi sono crollati a 34,6 miliardi, tornando a crescere solo nel 2018. I dati emergono dalla Conferenza IFEL, dove il tema di aumentare la capacità di spesa della PA è emerso con forza, soprattutto in vista delle risorse europee che arriveranno tra poco.
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La crisi del 2008 ha rappresentato una spartiacque per gli investimenti pubblici in Italia. Da quel momento, infatti, si è assistito ad una grande divaricazione nella dinamica degli investimenti privati e pubblici. A fronte, infatti, di una ripresa sostenuta dei primi (soprattutto quelli industriali), si è assistito invece ad un continuo calo degli investimenti pubblici, con una leggera inversione di tendenza registrata solo di recente (biennio 2018-2019).
I dati sono quelli di SVIMEZ, esposti durante la nona Conferenza IFEL sulla finanza e l'economia locale. A pesare è stata soprattutto la scarsa performance delle amministrazioni pubbliche a tutti i livelli, incluse quelli locali.
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I motivi della debolezza della PA e l'assistenza tecnica che non ha funzionato bene
Le cause profonde della fragilità delle amministrazioni di gestire gli investimenti pubblici sono molteplici e di vecchia data.
Decenni di blocco del turnover, unito ai tagli lineari alla formazione dei dipendenti pubblici, hanno infatti inciso pesantemente sulla capacità delle amministrazioni di programmare e gestire gli investimenti. Solo parlando dei Comuni, dal 2008 al 2018 le amministrazioni delle città italiane hanno perso il 22% del personale, ha ricordato il Direttore di IFEL Pierciro Galeone.
Un problema a cui negli anni si è cercato di rispondere in parte con l'assistenza tecnica, che però non ha dato tutti i frutti sperati. “Fa impressione - afferma infatti il Direttore SVIMEZ, Luca Bianchi - il dato che ci dice come nel 2014-2020 abbiamo dedicato alla capacity building 3 miliardi di euro”. Una cifra “che avrebbe dovuto costruire la più potente macchina amministrativa del mondo”, ma che invece non si è creata.
I motivi sono essenzialmente due. Da una lato, queste risorse sono state spesso usate per tappare i buchi dell’ordinaria amministrazione, venendo pertanto distolte da quelle funzioni a cui erano state destinate. Dall’altro, invece, sono state frammentate in tantissimi progetti, facendo “più letteratura che impatto reale”, ha commentato Bianchi.
Inversione di tendenza negli ultimi due anni
Eppure qualcosa sembrerebbe muoversi. Ad incoraggiare è infatti l'incremento registrato dal 2018 sul livello degli investimenti, che ha visto protagonisti anche gli enti locali.
Nei primi sei mesi di quest’anno, infatti, i Comuni hanno pagato 4 miliardi di euro in investimenti, in linea con la cifra del 2019 che però guadagnava già un +17,4% rispetto al 2018. Un dato ancora più incoraggiante, se si pensa che è stato raggiunto durante la pandemia.
Anche in questo caso il risultato deriva da un set di motivi. Tra questi figura l’attribuzione di molti contributi statali ai Comuni in linea con il cosiddetto Piano spagnolo che prevede tempi certi per l’apertura dei cantieri, pena il ritiro dei fondi. Ad incidere positivamente è stata poi l’accelerazione dei fondi europei, sia per l'avvicinamento della conclusione del ciclo 2014-2020, sia per la flessibilità nell’impiego dei fondi concessa dall’UE per rispondere all'emergenza Covid.
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Comuni: come gestire oltre 50 miliardi di euro nei prossimi anni
Nonostante i segnali positivi registrati recentemente, la sfida che ci attende nei prossimi anni è imponente.
I conti li fa sempre IFEL. Ai Comuni, infatti, sono già stati destinati quasi 11 miliardi di contributi statali per il periodo 2020-2023, a cui se ne potrebbero aggiungere altri 42 miliardi provenienti dal Recovery e dalle Politiche di Coesione (sia il ciclo in chiusura, sia il nuovo settennato 2021-2027).
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Come migliorare (velocemente) la capacità di spesa della PA, a cominciare dagli enti locali
Il punto resta quindi come innalzare velocemente e adeguatamente il livello della PA sul fronte degli investimenti pubblici. Una soluzione unica non esiste. Si tratta, piuttosto, di mettere in campo un set di soluzioni capaci di aggredire i diversi anelli deboli della catena.
Una prima misura su cui è al lavoro il Governo è senza dubbio lo sblocco delle assunzioni, purché però porti ad iniettare nelle PA personale tecnico qualificato. Per questo il Ministero della pubblica amministrazione sta redigendo dei bandi-tipo che aiutino le amministrazioni, soprattutto quelle più piccole, ad identificare e selezionare competenze e funzioni.
Ma in attesa di rimpolpare e svecchiare la PA, bisogna anche prevedere meccanismi di affiancamento delle amministrazioni, soprattutto locali. Insomma, ancora una volta l’assistenza tecnica da inserire, però, dentro a degli “Hub di progettazione” a livello territoriale per progettare e attuare gli investimenti, con una premialità per quei Comuni che decidono di servirsene. L’idea è di SVIMEZ che, davanti all’esternalizzazione di questi anni che non sempre ha prodotto i risultati sperati, suggerisce hub territoriali di rafforzamento amministrativo.
C’è poi il modello di accompagnamento costituito dalle Task force per l'edilizia scolastica, gestite dall'Agenzia per la coesione. Un modello, ha ricordato il Direttore dell’Agenzia Massimo Sabatini, che in questi anni ha dato i suoi frutti, aiutando gli enti locali a rilevare criticità e individuare soluzioni, comportando tempi di esecuzione degli investimenti mediamente più bassi.
E infine, immancabilmente, c'è il tema della semplificazione delle procedure, degli oneri amministrativi e della riduzione dei tempi.
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