Dal Piano strategico PAC al Recovery, le richieste dell'agricoltura al Governo
Con un nuovo ciclo di audizioni in Parlamento le organizzazioni agricole chiedono una PAC che sostenga anzitutto la produttività e il reddito degli agricoltori, in coerenza con la previsione di investimenti, nel Recovery Plan, a sostegno dell'innovazione e della sostenibilità ambientale.
Agricoltura: Mipaaf a lavoro sul Piano strategico PAC dell'Italia
Le richieste portate avanti da Agrinsieme (il coordinamento di Confagricoltura, CIA, Copagri e Alleanza delle cooperative italiane - agroalimentare) e Coldiretti in audizione alla Camera rilanciano una serie di temi già discussi, all'indomani dell'insediamento del Governo Draghi, a cominciare dall'importanza di far dialogare il Piano strategico PAC e il Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR), due strumenti che dovranno operare in sinergia per assicure finanziamenti e investimenti adeguati al settore. In gioco ci sono le sfide globali della sicurezza alimentare e della sostenibilità e il superamento di tutta una serie di problemi che il paese non può più rimandare, dal collegamento delle aree rurali con i maggiori nodi logistici al contrasto del dissesto idrogeologico, dal decollo dell'Agricoltura 4.0 all'accesso al credito per gli imprenditori agricoli.
La PAC continui a sostenere il reddito degli agricoltori
Per il coordinamento Agrinsieme e per la Coldiretti, la PAC dovrebbe mantenere anzitutto la sua vocazione di politica economica a sostegno del reddito degli agricoltori. Se non si garantisce la sostenibilità economica e sociale dell'agricoltura, è il monito degli stakeholder del settore, non è possibile affrontare la sfida della sostenibilità ambientale al centro dell'European Green Deal e in particolare delle strategie Farm to Fork e Biodiversità al 2030. Un monito che era emerso già nelle audizioni sulla Politica agricola comune svolte dalle organizzazioni agricole al Senato e ribadito in questi giorni in commissione Agricoltura alla Camera. La richiesta è di riconoscere il contributo alla tutela ambientale che le imprese agricole già garantiscono, anche grazie alle misure dell'attuale PAC, e prevedere gradualità nell'adozione di ulteriori modelli sostenibili, per non rischiare di mettere fuori mercato le produzioni europee rispetto a competitor extra UE che non rispettano gli stessi standard.
Tanto più, ha sottolineato Alessandro Cuscianna dell'area legislativa di Copagri a nome del coordinamento Agrinsieme, che l'emergenza Covid ha stravolto le prospettive di sviluppo socio-economico del settore e generato un contesto del tutto nuovo rispetto a quello in cui le proposte di rifroma della PAC sono maturate.
Da una parte, quindi, c'è la partita del negoziato sulla riforma della PAC in corso a Bruxelles, con il Parlamento europeo che preme per alzare l'asticella degli obiettivi green, portando al 30% la quota di pagamenti diretti destinata ai nuovi ecoschemi e destinando il 35% del FEASR alle misure climatiche e ambientali, e il Consiglio che non vuole andare oltre, rispettivamente, il 20 e il 30 per cento. Le organizzazioni agricole auspicano prevalga la posizione del Consiglio e sono preoccupate che un maggiore impegno di risorse per l'architettura verde della PAC eroda il budget che dovrebbe sostenere il reddito degli agricoltori. In più, dal momento che gli ecoschemi sono misure annuali su un bilancio pluriennale, chiedono che le risorse non utilizzate rimangano allo Stato membro e non tornino a Bruxelles.
Ma non c'è solo il capitolo verde. A preoccupare il coordinamento Agrinsieme sono anche la condizionalità sociale e la proposta della Commissione per l'individuazione dell'agricoltore attivo, che prevede di rapportare il reddito agricolo a quello totale e di valutare la sua eventuale insignificanza. In entrambi i casi si possono creare problemi di controllo, rischiando di rallentare l'attuazione della PAC. D'accordo Coldiretti: sull'agricoltore attivo servono dei criteri oggettivi e non discriminatori che tengano conto anche delle diverse situazioni degli agricoltori, ad esempio nelle aree svantaggiate.
Dall'altra parte c'è il dossier del Piano strategico nazionale della PAC, su cui il Ministero ha annunciato un tavolo non ancora partito e che dovrà definire in pochi mesi la programmazione delle risorse sia del primo che del secondo pilastro per arrivare alla consegna entro fine anno alla Commissione europea.
Per il coordinamento Agrinsieme serve un Piano strategico nazionale che sia una misura di programmazione sul lungo periodo, che sappia coniugare gli obiettivi di produttività, redditività e sostenibilità con la necessaria flessibilità delle misure PAC, alla luce della lezione del Covid.
Il primo degli obiettivi - secondo Coldiretti - è avere un quadro finanziario con forme di compensazione che consentano ogni anno di non perdere le risorse. Anche perchè, se si confrontano i Programmi di sviluppo rurale del ciclo 2014-2020 con quelli 2007-2013, l'ultima programmazione è andata più lenta dell'8,43% rispetto alla precedente. Una prospettiva che non ci possiamo permettere, tanto più con il ritorno alla regola dell'n+2.
Le organizzazioni agricole concordano sulla necessità di una semplificazione, riduzione degli oneri burocratici e maggiore omogeneità delle misure sul territorio nazionale e di adottare le decisioni demandate al singolo Stato membro simulando, per le varie opzioni disponibili, l'effettivo impatto sugli agricoltori. Questo metodo dovrebbe valere ad esempio per le decisioni sul pagamento redistributivo, finora mai applicato, sulla lista degli ecoschemi, per l'introduzione di nuovi programmi settoriali dell'OCM, per la proposta di un fondo nazionale di mutualizzazione finanziato con risorse del primo pilastro e per l'eventuale aumento dal 2 al 4% dei fondi dei pagamenti diretti destinati ai giovani agricoltori.
Per favorire il ricambio generazionale nel settore, secondo Coldiretti, serviranno anche interventi per favorire l'accesso alla terra, al credito e alla formazione, e bisognerà confermare la misura del Piano nazionale di ripresa e resilienza che prevede aiuti maggiorati del 20% per i contratti di filiera posti in essere da giovani agricoltori. Tra le ipotesi anche Piani nazionali di sviluppo rurale per investimenti in ambiti specifici, come ad esempio nel settore idrico, in coordinamento con il Recovery.
Cosa si aspetta il mondo agricolo dal Recovery Plan
Più in generale, l'idea è che la stesura del Piano strategico PAC debba andare di pari passo ed essere coerente con quella del PNRR, su cui le organizzazioni di rappresentanza degli agricoltori si erano già espresse in audizione in commissione Agricoltura alla Camera, nel mese di febbraio.
A livello macro, le obiezioni sono state sostanzialmente tre. La prima ricalca la critica mossa da più parti a livello UE e nazionale circa l'eccessiva vaghezza del Piano. Nella bozza del PNRR del Governo Conte, ora oggetto di riscrittura da parte del nuovo Esecutivo, ha spiegato il presidente di CIA-Agricoltori italiani Dino Scanavino, l'allocazione delle risorse e il programma di riforme e investimenti sono annunciati per titoli e non abbastanza specificati, come osservato anche dalla Commissione europea.
La seconda riguarda le risorse destinate all'agricoltura. Dal momento che il taglio di oltre il 10% delle risorse della Politica agricola comune nel Quadro finanziario pluriennale 2021-27 ha contribuito a costruire la dotazione finanziaria del budget di Next Generation EU, gli agricoltori si aspettano il ripristino di quei fondi nel PNRR. Il contributo degli agricoltori europei al Recovery è pari a circa 35 miliardi di euro e nel caso dell'Italia vale circa 3,5 miliardi, ha osservato il presidente di Confagricoltura Massimiliano Giansanti. Le risorse destinate all'agricoltura dovrebbero quindi crescere di un altro miliardo rispetto agli attuali 2,5 miliardi di euro.
Infine, per il successo del Piano c'è bisogno di un'amministrazione pubblica riformata ed efficiente. Il PNRR deve chiarire quale sarà la governance e indicare il cronoprogramma per la realizzazione delle azioni, ha sottolineato il presidente di Alleanza delle cooperative italiane - agroalimentare Giorgio Mercuri.
Passando alle priorità di investimento, in occasione dell'audizione il presidente di Copagri Franco Verrascina ha posto in cima all'agenda il tema della sovranità alimentare e della riduzione della dipendenza dall'estero, che porta con sé anche investimenti per la crescita sostenibile delle filiere, la sicurezza alimentare e il diritto al cibo.
Comune a tutti il richiamo a investire per la digitalizzazione del settore, assicurando l'accesso alla banda larga nelle aree rurali e sostenendo la diffusione dell'agricoltura di precisione. Permettendo di dosare gli imput chimici in maniera più efficiente, le tecnologie digitali possono infatti contribuire alla riduzione dell'impatto dell'agricoltura sull'ambiente e in particolare dell'uso di fitofarmarci, ha sottolineato il presidente di Coldiretti Ettore Prandini, ricordando anche l'importanza della valorizzazione degli scarti e dei sottoprodotti aziendali per generare biogas e biometano.
All'aumento della sostenibilità possono contribuire anche gli investimenti in ricerca, sviluppo e innovazione, ha aggiunto Giansanti, mettendo l'accento anche sull'importanza di sostenere processi di forestazione in grado di generare crediti carbonio ed interventi per l'efficienza energetica.
Servono poi risorse per le grandi infrastrutture e direttrici di trasporto, nel quadro però di un progetto di coesione tra le aree produttive e i nodi infrastrutturali. Dobbiamo essere in condizioni di raggiungere quei nodi: l'infrastrutturazione rurale è cruciale per il successo delle filiere agricole, ha sottolineato Scanavino, che sul fronte della lotta al dissesto idrogeologico ha suggerito anche l'istituzione di un'autorità di gestione del territorio centralizzata, presso la Presidenza del Consiglio, che superi l'attuale assetto basato su una molteplicità di soggetti diversi che agiscono in maniera non coordinata tra loro.
I finanziamenti per l'agricoltura sostenibile nel Recovery Plan
Photo credit: Foto di kie-ker da Pixabay