500 milioni l'anno per il vino, ma i fondi europei non vanno a segno
Secondo una relazione della Corte dei conti europea le misure UE per la viticoltura nell'ambito della Politica agricola comune (PAC) non stanno contribuendo né al raggiungimento degli obiettivi ambientali dell'Unione, né a fornire un sostegno mirato all'aumento della competitività del settore.
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Leader mondiale per produzione, consumo ed esportazioni di vino, l'UE contava nel 2022 circa 2,2 milioni di aziende vinicole, con tre paesi - Italia, Francia e Spagna – ad assicurare circa l’80% del vino prodotto.
A sostegno di questo settore, l'UE prevede un'architettura dedicata, fatta di norme e di sostegno finanziario, che la relazione speciale 23/2023 della Corte dei conti europea va ad analizzare. Segnalando sin dal titolo, “Misure di ristrutturazione e autorizzazioni all’impianto di vigneti nell’UE – Impatto poco chiaro sulla competitività e modesta ambizione ambientale”, che i risultati non sono all'altezza delle aspettative.
I fondi europei per il settore vino non centrano gli obiettivi
I viticoltori e i produttori vinicoli sono ammissibili al sostegno finanziario della PAC, che può consistere in un sostegno specifico nell’ambito dell’organizzazione comune dei mercati del vino (principalmente attraverso i programmi nazionali di sostegno), ma anche in pagamenti diretti, contributi nell'ambito delle misure di sviluppo rurale e/o misure di promozione orizzontali.
Complessivamente i viticoltori ricevono dall’UE circa 500 milioni di euro all’anno per ristrutturare i vigneti e diventare più competitivi e, dal 2016, possono anche richiedere l’autorizzazione a piantare ulteriori viti, al fine di consentire una crescita controllata della produzione potenziale (un aumento annuo massimo dell’1%), evitando al contempo un eccesso di offerta.
I target chiave delle politiche e dei fondi UE sono un aumento della competitività e della sostenibilità del settore, ma l'analisi della Corte rileva che, come spiega la responsabile dell’audit, Joëlle Elvinger, “per quanto riguarda entrambi gli obiettivi, possiamo quanto meno affermare che l’azione dell’UE non abbia ancora prodotto i risultati sperati.”
Sul primo fronte, la Corte spiega che nei cinque paesi sottoposti a audit i progetti sono finanziati senza tenere conto di criteri per aumentare la competitività, indipendentemente dal loro contenuto o dal loro livello di ambizione, sostenendo anche azioni sulla carta non ammissibili ai finanziamenti, come cambiamenti non strutturali, o normali rinnovi dei vigneti. Tra l'altro non è previsto un sistema di monitoraggio da parte della Commissione o degli Stati membri che certifichi il contributo dei fondi europei all'accrescimento della competitività e i beneficiari non sono tenuti a comunicare in che modo l’attività di ristrutturazione li abbia resi più competitivi.
La Corte critica anche il sistema di autorizzazione degli impianti e in particolare l’aumento annuale massimo dell’1%, adottato senza alcuna giustificazione o analisi sotto il profilo della sua opportunità e pertinenza con l'obiettivo della competitività del settore.
Non va meglio sul fronte del contributo all'obiettivo della sostenibilità ambientale. “I vini UE possono essere rossi, bianchi o rosati ma i metodi di viticoltura sono raramente verdi”, rilevando gli auditor, secondo cui i finanziamenti non sono stati indirizzati verso progetti volti a ridurre l’impatto della viticoltura sul clima e/o sull’ambiente e in alcuni casi sono andati anche in direzione contraria. Tra gli esempi la relazione cita la misura che sostiene la ristrutturazione dei vigneti che “potrebbe aver sortito l’effetto opposto, come il passaggio a varietà di viti che necessitano più acqua” e l’aumento annuo dell’1% della superficie viticola, mai valutato sotto il profilo ambientale.
Non è la prima volta che la Corte muove queste critiche: già in passato aveva raccomandato di collegare esplicitamente i pagamenti a favore degli agricoltori – compresi quelli per i viticoltori – al rispetto di requisiti ambientali, che invece nella PAC 2023-2027 non figurano.
In più, mentre il 40% della spesa della Politica agricola comune dovrebbe concorrere agli obiettivi collegati al clima, nel caso del settore vitivinicolo gli Stati membri sono tenuti a destinare ai cambiamenti climatici, all’ambiente e alla sostenibilità un modesto 5% delle risorse stanziate.