Bilancio UE 2021-2027: Italia e PE chiedono risorse adeguate
Come sarà il prossimo bilancio UE, quanti soldi stanziare, che politiche finanziarie e che ruolo avrà l’Italia sono alcune delle questioni affrontate dal Convegno del 7 febbraio sui negoziati per il nuovo bilancio. Presenti Sassoli, Conte, Gualtieri, Provenzano e i principali esponenti del mondo delle imprese.
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Per sfide ambiziose serve un bilancio ambizioso. E’ stato sostanzialmente questo il fil rouge di tutti gli interventi che hanno animato la prima parte del Convegno “Un nuovo bilancio europeo all’altezza delle sfide per l’occupazione, la crescita e la sostenibilità” che si è svolto il 7 febbraio a Roma.
Promosso dal Parlamento UE in collaborazione con la Regione Lazio e la Commissione europea, all'iniziativa hanno preso parte quattro ministri, incluso il responsabile dell’economia Roberto Gualtieri, oltre al Presidente del PE David Sassoli, ai rappresentati delle imprese e a numerosi parlamentari italiani. A chiudere i lavori la sera è stato il Premier Giuseppe Conte.
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Se la proposta finale di Bilancio UE non sarà adeguata, il PE non la voterà
Nell'aprire i lavori, il presidente dell'Eurocamera David Sassoli ha ribadito la posizione già espressa da settimane dal Parlamento europeo: se il nuovo bilancio pluriennale dell’Unione non dovesse essere adeguato alle sfide che ci attendono, il PE non lo approverà.
Una decisione - ricorda Sassoli - che l’Eurocamera ha preso all’unanimità. Un fatto mai successo prima e che dà il polso di quanto sia importante la partita che si sta giocando in questi mesi e che avrà ricadute concrete sulla vita di ogni cittadino europeo. Proprio per questo tutti gli europarlamentari, indipendentemente dai colori politici, concordano sulla necessità di garantire risorse adeguate all’UE per affrontare le sfide che ci attendono nei prossimi anni, a cominciare dalla lotta ai cambiamenti climatici.
Il Green new deal non può avvenire a spese di Coesione e PAC
Ma se è vero che i cambiamenti climatici sono ormai un'emergenza da affrontare, Sassoli ha ribadito però che i fondi per garantire la riconversione “green” del sistema produttivo europeo non potranno essere trovati a spese delle politiche “tradizionali” europee a cominciare da quelle per la Coesione o dalla PAC.
Se la coperta sarà troppo corta - gli ha fatto eco il Ministro italiano dell’economia, Roberto Gualtieri - l’Europa avrà già perso in partenza. Non possono essere messi in competizione, infatti, le politiche tradizionali europee con i nuovi obiettivi “green”. O si vince tutti assieme - e per questo le politiche di coesione e quelle agricole sono indispensabili - oppure non ci sarà proprio partita.
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Gualtieri: l’Italia resterà un contributore netto, ma un’Europa forte serve anche a noi
Anche per questo “l’Italia non è disponibile ad accettare un compromesso al ribasso sul bilancio UE”, ha affermato Gualtieri.
Le pressioni enormi a cui oggi siamo sottoposti (cambiamenti climatici, crescita economica che resta strutturalmente bassa, innovazione tecnologica, rilancio del modello sociale europeo, etc.) rappresentano infatti partite che si possono vincere solo all’interno di una dimensione europea forte e adeguatamente finanziata.
Per questo il nostro Paese:
- guarda con simpatia alla proposta di bilancio presentata dal Parlamento europeo che prevede un aumento del +1,3% dei fondi;
- non ritiene accettabile quella del Presidenza finlandese che si attesta su un timido +1,07%;
- e non è disposto a scendere sotto il +1,1% proposto dalla Commissione UE.
Aumentare le fonti autonome di finanziamento per andare oltre i bilanci nazionali
Ma per finanziare il futuro dell’Europa, i bilanci statali non bastano. Rischia di essere sterile, quindi, continuare a focalizzarsi esclusivamente sulle percentuali delle varie proposte, se contemporaneamente non si avviano anche una serie di riforme per ampliare le fonti di finanziamento del Bilancio.
Il primo nodo a cui mettere mano - concordano Sassoli e Gualtieri - è quindi quello dell'aumento della quota di bilancio comunitario coperta con risorse proprie dell’UE. Un punto da risolvere in fretta con misure adeguate, per evitare di continuare a mettere mano solo ai bilanci nazionali.
Nuove fonti di entrate dovrebbero essere quindi:
- Una Web Tax sui profitti generati dalle big corporation in Europa. Una materia che permetterebbe non solo di garantire risorse fresche per le casse UE, ma anche di contrastare quelle annoso problema dell’erosione della base imponibile dei paesi, che difficilmente può essere risolto solo a livello nazionale;
- E una Carbon Tax, cioè un'accisa sull’utilizzo di combustibili fossili che generano gas ad effetto serra.
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Ma oltre ad aumentare le fonti di finanziamento, sarà anche necessario coordinare meglio le le agende (e i bilanci) nazionali con le priorità europee.
Una cosa su cui l’Italia è già in parte intervenuta stanziando - pur nei limiti di una Manovra che quest’anno doveva bloccare l’aumento dell’IVA - diversi fondi per l’innovazione, la transizione green e gli investimenti.
Mobilitare gli investimenti privati
Ma per rispondere alle sfide che ci attendono, i capitali pubblici non saranno comunque sufficienti. Gli investimenti andranno fatti anche in partnership con i privati e per questo è necessario sostenere un quadro normativo-regolatorio adeguato e definire strumenti capaci di rendere più agevoli gli investimenti da parte dei capitali privati.
E proprio su questo punto il Presidente dell’Eurocamera ha annunciato che in autunno si svolgerà una “Conferenza sui finanziamenti privati per la transizione ecologica” che servirà ad approfondire le migliori strategie per garantire una compartecipazione dei capitali privati alla sfida della neutralità climatica.
I nuovi ruoli di BEI e CDP all’interno di Invest EU
Per il futuro, quindi, sarà importante aumentare ulteriormente le sinergie tra i fondi pubblici e quelli privati, ma anche tra i fondi europei, quelli nazionali e quelli regionali. Concordano su questo punto Dario Scannapieco, Vicepresidente della BEI, e Pasquale Salzano, Presidente di Simest.
La Banca europea per gli investimenti (BEI) e Cassa depositi e prestiti (CDP) sono, infatti, due player che avranno un ruolo sempre più rilevante per la realizzazione degli investimenti, anche tramite il coinvolgimento dei privati. Entrambe le istituzioni si muoveranno nel quadro del nuovo Programma Invest EU che, dal 2021, andrà a sostituire il Piano Juncker, portando con sè alcune novità. Tra queste il fatto che la BEI non sarà più il solo esecutore per l'impiego delle risorse europee per questo tipo di investimenti - come è stato finora - diventando invece uno dei molteplici attori (tra cui CDP) che saranno abilitati ad agire direttamente su Invest EU.
Un cambiamento che - secondo Salzano - faciliterà molto anche l’accesso delle PMI a questa tipologia di finanziamenti europei.
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Cosa si aspettano le imprese italiane dal bilancio UE 2021-2027
Meno burocrazia, più attenzione alle PMI e conclusione rapida dei negoziati. In breve sono questi i punti su cui concordano tutte le associazioni di categoria intervenute al Convegno.
I primi due punti vanno in parte a braccetto. Se, infatti, è importante che i nuovi programmi europei siano più chiari e semplici da approcciare, tale esigenza risulta ancora più pressante per le micro piccole e medie imprese (MPMI) per le quali la transizione verso un paradigma produttivo “carbon free” sarà più complicata e costosa.
Per questo gli strumenti disegnati per sostenere la transizione “green” annunciata dalla Commissione dovranno essere facilmente utilizzabili, soprattutto da questa platea di imprese. Ma ciò sarà possibile solo se le risorse saranno adeguate e se i negoziati saranno conclusi velocemente.
Conte: Al Consiglio europeo del 20 febbraio l’Italia non accetterà un compromesso al ribasso
Nel chiudere i lavori in serata, il Presidente del Consiglio Conte ha ribadito la necessità della dimensione europea per vincere le sfide che ci attendono e torna a parlare di Ilva, Patto di stabilità e nuove fonti di entrate autonome per l’UE. Lo fa tenendo a mente anche il Consiglio europeo straordinario del prossimo 20 febbraio dove si cercherà di accelerare l’approvazione del nuovo bilancio UE. Un appuntamento in cui l’Italia ribadirà che un compromesso al ribasso non sarà accettabile.
In vista delle sfide epocali che si profilano all’orizzonte, infatti, “il volume complessivo di 1.100 miliardi nell’attuale proposta negoziale di bilancio pluriennale - afferma Conte - è senz’altro inadeguato”.
Parlando poi di Green new deal e della necessità di avere fondi adeguati per sostenere la riconversione industriale a impatto climatico zero, il Premier è tornato a focalizzarsi su due aspetti già trattati in questi mesi:
- La possibilità di usare il Just Transition Mechanism Fund anche a favore dell’Ilva di Taranto;
- La revisione del Patto di Stabilità e Crescita, per superare le attuali rigidità. Un cambiamento necessario anche per sostenere lo stesso Green new deal. Se il Patto restasse uguale infatti - afferma Conte - avremmo il risultato paradossale che solo i Paesi con sufficiente spazio fiscale potrebbero investire e realizzare il Green new deal.
Ma un bilancio ambizioso deve prevedere anche un ampliamento del sistema di entrate proprie dell’UE. Ulteriori entrate - ha affermato infatti Conte - “dovranno essere generate attraverso forme di finanziamento capaci di assicurare il giusto contributo al benessere collettivo: da parte delle grandi imprese del settore digitale, da chi sfrutta le differenze di tassazione negli Stati membri, per evitare ovviamente l'imposizione, dagli speculatori finanziari, dai grandi inquinatori”.
E sul punto ha aggiunto che l’Italia è anche aperta “alla proposta della Commissione di istituire un meccanismo di adeguamento dell’anidride carbonica alla frontiera che permetterebbe di reperire risorse, tutelando al contempo il mercato unico dalla concorrenza da parte di imprese di Paesi terzi, con una normativa ambientale meno severa di quella europea”.
Investimenti, infrastrutture e coesione
Il primo dei tre panel tematici del convegno ha riguardato il tema cruciale degli investimenti infrastrutturali e del loro rapporto con le politiche di coesione.
Le infrastrutture materiali e immateriali, infatti, sono tra i principali strumenti per ridurre le distanze, aumentare la coesione tra i territori e creare occupazione.
Si tratta di un volano di sviluppo, quindi, di cui oggi più che mai abbiamo bisogno, soprattutto se si pensa che negli ultimi 10 anni in Italia il Pil è diminuito del 2,2% (con un calo particolare marcato al sud), a fronte di una crescita nel resto d'Europa che si è assestata sul 9,7%. Rispetto ad altri paesi europei, quindi, l’Italia ha potuto investire di meno.
Il risultato ultimo - ha concluso l’AD di Invitalia Domenico Arcuri nel commentare i dati - è che negli ultimi dieci anni abbiamo perso sia la partita della crescita che quella della coesione.
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Il nuovo ciclo di programmazione 2021-2027, però, può essere una grande occasione di rilancio, se affrontato in modo adeguato. La pensa così Giuseppe Provenzano, Ministro per il Sud e la coesione territoriale, che insiste sulla necessità di rafforzare la capacità di spesa delle amministrazioni attraverso l‘iniezione di una nuova generazione di europei nella PA.
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E proprio il tema della mancata capacità di spesa da parte delle PA è uno degli altri punti si sono confermati tutti i relatori. Sempre Arcuri, nel ricordare i dati sulla spesa dei fondi strutturali per la coesione (su 54 miliardi, a gennaio 2020 ne abbiamo spesi solo il 26,5%), ha sottolineato come uno dei problemi principali nella mancata realizzazione delle opere pubbliche è l'eccessiva dilatazione dei tempi.
In Italia il tempo medio di realizzazione di un’opera di almeno 100 milioni di euro è 15 anni e 7 mesi. Prima di arrivare a porre la prima pietra passano 8 anni. Un'inerzia inaccettabile e su cui l’AD di Invitalia chiede si intervenga al più presto.
Del resto nei prossimi decenni l’Italia dovrà affrontare degli investimenti infrastrutturali imponenti per non restare indietro nel cambiamento del paradigma produttivo a impatto climatico “zero”.
Guardando i dati evidenziati dall’AD di Terna Luigi Ferraris, nei prossimi dieci anni tutti i paesi europei saranno chiamati a investire miliardi nella creazione delle “autostrade dell’energia” in modo da creare infrastrutture della rete energetica capace di rispondere all'esigenza di un nuovo modello di creazione decentralizzata dell'energia da fonti rinnovabili. Una sfida che offre molte opportunità - incluse quelle occupazionali - ma che richiede:
- Una pianificazione puntigliosa;
- Un’ottimizzazione dei tempi di approvazione delle opere ;
- Una semplificazione delle modalità di accesso ai finanziamenti europei che rappresenteranno senza dubbio un fattore cruciale per la realizzazione degli investimenti.
Dello stesso avviso anche il Presidente dell’autorità dei porti del Lazio, Francesco Di Majo, che ha sottolineato l'importanza dei finanziamenti europei per l'ammodernamento delle infrastrutture portuali in chiave green. Per questo tipo di investimenti i Fondi UE saranno fondamentali ma su questo bisogna fare dei passi in avanti:
- Favorendo sempre più soluzioni di blending finanziario da parte di soggetti come la BEI;
- Risolvendo il problema della mancata conoscenza delle opportunità di finanziamento europee esistenti che troppo spesso ancora c’è in Italia.
Dello stesso avviso anche l’AD di Telecom Italia, Luigi Gubitosi che, oltre a chiedere un miglior impiego del fattore “tempo” per la realizzazione delle opere, ha focalizzato l’attenzione sul tema degli investimenti in formazione e istruzione.
Riprendendo quanto espresso prima dai Segretari di CISL e UIL, Luigi Sbarra e Antonino Focillo, nei prossimi decenni infatti le politiche europee dovranno finanziarie percorsi di qualificazione della forza lavoro e favorire la creazione di nuova occupazione di qualità. Un processo che sarà possibile, però, solo se si sbloccheranno le leve degli investimenti.
Innovazione e sostenibilità al centro del Bilancio UE post 2020
Per il prossimo bilancio UE bisogna essere ambiziosi nello stanziamento delle risorse ma sostenibili nelle modalità in cui si andrà ad estrinzecare, ha ricordato il vice-presidente del Parlamento europeo Fabio Massimo Castaldo aprendo i lavori del panel su ‘Innovazione e sostenibilità’.
In questo contesto Horizon Europe, il Nono programma quadro per la ricerca e l’innovazione, rappresenta un importante passo in avanti, grazie allo stanziamento di maggiori risorse – pari a 94,1 miliardi di euro - rispetto ad Horizon 2020 (77 miliardi di euro).
Non dimentichiamo i 9,2 miliardi di euro proposti per il primo programma europeo interamente dedicato alla trasformazione digitale, Digital Europe, che opererà in sinergia non solo con Horizon Europe, ma anche con il Connecting Europe Facility. La sovranità tecnologica dell’UE, poi, non può prescindere dall’accesso al credito delle piccole e medie imprese, le cui potenzialità innovative devono essere incoraggiate per favorire la crescita e la competitività dell’Unione a livello globale.
A livello nazionale, per coniugare i temi della sostenibilità e della tecnologia il Governo ha istituito la Cabina di Regia Benessere Italia, guidata da Filomena Maggino, che nel corso del suo intervento ne ha illustrato le caratteristiche. La Cabina ha il compito di monitorare e coordinare le attività specifiche dei Ministeri, assistere le Regioni, le Province autonome e gli Enti locali nella promozione di buone pratiche sul territorio ed elaborare specifiche metodologie e linee guida per la rilevazione e la misurazione degli indicatori della qualità della vita.
Inoltre, la Cabina di regia ha il compito di sostenere, potenziare e coordinare le politiche e le iniziative del Governo italiano per il Benessere Equo e Sostenibile (BES) e per l'attuazione della Strategia nazionale per lo sviluppo sostenibile (SNSvS), nell’ambito degli impegni sottoscritti dall’Italia con l’Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile delle Nazioni Unite.
La sostenibilità è legata al tema della competitività economica, ha continuato l’eurodeputata Simona Bonafé, facendo il punto sugli interventi finora messi in atto dall’UE con riferimento all’economia circolare e al Green deal. Per far fronte alle sfide connesse alla transizione verde dell’Europa abbiamo bisogno di risorse adeguate, ha ribadito la Bonafé, criticando i tagli proposti dalla presidenza finlandese.
Con riferimento alla proposta di revisione da parte della Commissione europea del Patto di stabilità, l’europarlamentare ha ricordato l’importanza di riflettere sulla golden rule per gli investimenti verdi, scomputandoli dal calcolo del deficit PIL.
“Insieme agli investimenti legati alla sostenibilità, quelli per la prevenzione del dissesto idrogeologico rappresentano una priorità se non una vera emergenza per Paesi come l’Italia, che sono a più alto rischio in tal senso”, ha proseguito l’eurodeputato Nicola Procaccini. “Nel contesto attuale in cui i cambiamenti climatici possono provocare disastrosi fenomeni atmosferici, considerare questo tipo di investimenti fuori dal computo del 3% del rapporto deficit -PIL è un atto fondamentale per dare respiro a politiche serie di tutela dei cittadini”.
L’innovazione tecnologica e la trasformazione green hanno una doppia faccia, che interessa da un lato la crescita e lo sviluppo dei sistemi produttivi, dall’altro la formazione permanente dei lavoratori, ha proseguito la vice-segretario generale CGIL Gianna Fracassi, ribandendo che per affrontare questi cambiamenti occorre investire, coniugando la crescita economica con la sostenibilità sociale.
Agricoltori al centro della PAC
Il tema della Politica Agricola Comune (PAC) è uno dei più ricorrenti nella cornice del bilancio europeo 2021-2027, rivestendo una quota rilevante dello stesso, ossia circa il 37% del budget complessivo. Nel corso del panel ‘Un’agricoltura competitiva e di qualità’, i partecipanti hanno evidenziato come non si possa parlare di difesa delle risorse dedicate alla PAC senza necessariamente dover immaginare un bilancio ambizioso.
Il coordinatore S&D della Commissione AGRI, Paolo De Castro ha sottolineato che, in vista delle nuove spese che l’Europa deve gestire per ambiti come politiche migratorie, pacchetto per la ricerca e compensazione delle dinamiche post Brexit, un aumento della quota riservata per l’UE da parte dei paesi membri potrebbe essere la soluzione per evitare tagli alle politiche di coesione e a quella agricola comune.
De Castro, infatti, ha affermato: “dalla situazione in Cina con il coronavirus, unito ai dazi USA, ridurre anche lo sforzo degli Stati membri dell’UE nel settore agroalimentare, sarebbe un grosso errore. Inoltre, è impensabile pensare ad un Green deal europeo senza pensare alle necessità degli agricoltori, protagonisti della transazione ecologica del bilancio, e senza fornire degli incentivi a questi soggetti.”
Anche Giuseppe L’Abbate, sottosegretario politiche agricole, alimentari e forestali, ha ribadito lo stretto legame tra Green deal e agricoltura, affermando che “per poter affrontare la transizione ecologica, noi dobbiamo accompagnare i nostri agricoltori verso questi temi. Per farlo dobbiamo esser in grado di poterli rendere sempre più competitivi, dando anche riconoscibilità allo sforzo che agricoltori, allevatori, pescatori fanno per il bene dell’ambiente. Non possiamo richiedere maggiori sforzi alle imprese senza dare le giuste risorse. Non si può avere sostenibilità ambientale senza quella economica, quindi sono necessari degli incentivi adeguati da dare alle imprese che devono attutire i cambiamenti climatici. Il valore aggiunto dato dalla competitività ha un effetto domino anche nell’affrontare difficoltà come alluvioni, grandinate e trombe d’aria. L’agricoltura subendo più di altri settori i cambiamenti climatici, ha bisogno di strumenti reali per affrontare i danni e ostacoli come l’abbandono delle aree interne.”
La sostenibilità climatica ed economica si associa a quella sociale, dato che le imprese hanno anche una funzione di custodia del territorio. Quindi, la mancanza di gestione delle terre, provoca un danno sistemico nel momento in cui ci sono catastrofi naturali. Su questo presupposto insiste anche l’intervento di Ettore Prandini, presidente Coldiretti, il quale sottolinea tra le principali sfide del comparto quella di uscire dall’immagine delineata dai paesi del Nord Europa, premiando le imprese che creano posti di lavoro e producono di più.
Tra le altre occasioni per l’Italia di dimostrare il proprio valore, Prandini ha lanciato un appello trasversale su tre temi per il futuro: “Per quanto riguarda la Cina, non commettiamo l'errore di delegare ai singoli Stati membri ma puntiamo su una visione di carattere comunitario sul tema; lo stesso valga per il tema dei dazi USA e la Brexit per la gestione dell’export agroalimentare”. Anche il presidente Confagricoltura, Massimiliano Giansanti, ha spiegato l’importanza di rinunciare alla cosiddetta ‘convergenza esterna’ per evitare di avere una politica redistributiva e di uniformare il premio unico per l’agricoltore.
Sulla stessa scia si colloca l’intervento del presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, che ha affermato: “non ci potremo mai accontentare degli attuali criteri distributivi che ci vengono offerti. Noi non intendiamo sostenere l'attuale meccanismo di allineamento dei pagamenti diretti tra gli Stati membri dell'UE, la cosiddetta ‘convergenza esterna’, perché questa è basata esclusivamente pensate sull'estensione dei terreni agricoli. È un criterio iniquo, che non tiene conto di un'articolata serie di parametri che solo, essi sì, nel loro complesso, ci restituiscono diciamo un obiettivo, e un criterio di discriminazione più affidante. Parlo ad esempio della differenza nei costi di produzione, del differenziale tra reddito agricolo e reddito medio che si riscontrato in diversi Stati membri.”
Un motivo che deve spingere a non ridurre le risorse per il settore è legato al ruolo che l’agricoltura avrà in termini di innovazione tecnologica – ad esempio si parla di agricoltura di precisione. Tutto questo genera un costo, che sicuramente porterà un beneficio, ma comunque nell’immediato porta le imprese a dover investire di più di quello richiesto in passato. Inoltre, come ha evidenziato Gianmichele Passerini, rappresentante di Confederazione Italiana Agricoltori (CIA): “quando noi parliamo di budget, questo diventa anche superfluo se si pensa che affronteremo le sfide future con uno strumento, ossia la PAC, datato 2010. Ci si chiede una serie di componenti di sostenibilità, ma ancora siamo fermi su ricerca scientifica e pratiche sul campo. Per andare incontro a necessità future, investire sulla ricerca è necessario per rispondere ai consumatori europei. Anche sensibilizzare i cittadini è importante per la programmazione della nuova riforma PAC, affinché vengano apprezzati gli sforzi tecnologici nel settore agroalimentare”.
In chiusura, l’eurodeputato Dino Giarrusso, ha posto l’attenzione sull’importanza della centralità della figura dell’imprenditore agricolo, come decisiva per il raggiungimento degli obiettivi fissati dal Green deal; poi l’onorevole Matteo Adinolfi, Parlamento europeo Commissione BUDGET, ha citato parte delle eccellenze made in Italy - 299 specialità Igp, Dop e Stg; 415 vini doc, 72 operatori nel biologico, il primato della sicurezza alimentare mondiale – per sottolineare come l’Italia potrebbe sfruttare il suo vantaggio sugli obiettivi del programma di transizione ecologica per intercettarne i fondi e superare le altre difficoltà interne al paese.
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