Tavolo tecnico entro fine anno per la riforma della Politica di Coesione nel PNRR
Alla cabina di regia del 6 dicembre con le Regioni, il ministro per gli Affari europei, il Sud, le Politiche di coesione e il PNRR, Raffaele Fitto, ha proposto di istituire un tavolo per costruire insieme il decreto che andrà a regolare la riforma della Politica di Coesione prevista nella nuova versione del PNRR.
Dal 1° dicembre addio all'Agenzia per la coesione territoriale
L'inserimento della riforma della Politica di Coesione come milestone del PNRR ha l'obiettivo di accelerare l'utilizzo delle risorse, portando a compimento il disegno di Fitto di una programmazione congiunta, fortemente accentrata in capo a Palazzo Chigi, dei fondi strutturali europei, del Fondo sviluppo e coesione (FSC) e del Piano nazionale di ripresa e resilienza, con la possibilità di trasferire le risorse da un contenitore all'altro, in base a esigenze relative ai tempi di realizzazione degli interventi e/o alla loro coerenza con i vincoli di ciascuno strumento, che si tratti della concentrazione tematica del FESR, della quota dell'80% al Sud del FSC o del DNSH del PNRR.
Un'operazione, quella dell'inserimento della riforma nel PNRR, che, come ricostruito nei giorni scorsi da Il Sole 24 Ore, sarebbe stata studiata anche per aggirare le obiezioni della commissaria europea alla Coesione Elisa Ferreira, che in effetti nei mesi scorsi ha sempre frenato le ambizioni del ministro Fitto, sottolineando la natura place-based della Politica di Coesione dell'UE e la necessità di rispettare il principio di partenariato e quindi di assicurare il coinvolgimento dei territori nella programmazione oltre che gestione delle risorse. Una preoccupazione condivisa dai presidenti delle Regioni, che a fronte di un PNRR calato dall'alto, hanno sempre potuto contare sulla facoltà di programmare autonomamente i fondi strutturali europei loro assegnati nell'ambito dell'Accordo di partenariato e su un maggiore protagonismo nelle scelte in materia di FSC e Contratti istituzionali di sviluppo (CIS).
Come spiegato a margine della cabina di regia del 6 dicembre dal presidente della Conferenza delle Regioni, Massimiliano Fedriga, le amministrazioni regionali sono “favorevoli a un coordinamento delle risorse europee all’interno di un quadro PNRR, valorizzando però le scelte che le singole Regioni fanno per i loro singoli territori”, mentre sono contrari, come anche la DG Regio della Commissione, ha attaccato il governatore della Puglia Michele Emiliano, a una riforma che, inserita nel PNRR “per ovviare alla resistenza della Direzione competente e delle Regioni” andrebbe a ledere “le normali competenze in relazione ai finanziamenti europei”.
Con la nuova governance disegnata dal decreto PNRR Ter e dal decreto Sud, infatti, il perno diventa Palazzo Chigi per tutte e tre le programmazioni, non solo il Piano nazionale di ripresa e resilienza, ma anche i fondi FESR, FSE+ e FSC.
Il decreto PNRR 3 ha infatti soppresso, con decorrenza dal 1° dicembre, l'Agenzia per la coesione territoriale, attribuendo le funzioni di indirizzo, programmazione, monitoraggio dei fondi europei e nazionali della Politica di Coesione al Dipartimento per le politiche di coesione e per il Sud. Sempre in base al decreto PNRR 3, il Dipartimento è responsabile anche delle riprogrammazioni delle risorse UE e nazionali della Coesione e al Ministro per gli affari europei, il Sud, le politiche di coesione e il PNRR Raffaele Fitto spetta anche individuare i casi nei quali gli interventi finanziati con risorse del Fondo sviluppo e coesione (FSC) possono diventare oggetto di un Contratto istituzionale di sviluppo (CIS).
Successivamente il decreto Mezzogiorno ha stabilito il superamento dei Piani di sviluppo e coesione, e del precedente sistema di programmazione delle risorse FSC basato su obiettivi strategici e aree tematiche, a favore dei nuovi Accordi di coesione, che di nuovo vedono una regia fortemente accentrata, con il ministro responsabile delle Politiche di coesione che li propone e li stipula con le amministrazioni nazionali e regionali destinatarie di risorse FSC e modalità di monitoraggio e rendicontazione molto rafforzate, con definanziamento in caso di mancato rispetto del cronoprogramma. Accordi che per ora stanno procedendo molto lentamente (finora sono stati firmati solo quelli con Lazio, Liguria, Marche e Veneto, cui oggi si è aggiunta la Lombardia), nonostante la loro stipula sia cruciale per sbloccare le risorse del Fondo sviluppo e coesione preventivamente attribuite con delibera CIPESS ad agosto, ma non ancora effettivamente assegnate alle Regioni, che possono utilizzarle anche per coprire parte del cofinanziamento ai fondi europei.
Il Dipartimento presiede anche alla riprogrammazione dei PON e dei POR autorizzata dall'iniziativa europea SAFE (Supporting Affordable Energy), che riguarda l'utilizzo di una quota delle risorse FESR e FSE 2014-2020 (nel caso dell'Italia fino a 4,7 miliardi di euro), beneficiando del tasso di cofinanziamento UE al 100%, per finanziare gli aiuti contro il caro energia a favore di imprese e famiglie. Così come dovrebbe occuparsi delle riprogrammazioni necessarie per assicurare risorse alternative agli interventi a rischio definanziamento, come quelli usciti dal PNRR perchè inattuabili entro la scadenza del 2026 o non coerenti con le regole del Recovery and Resilience Facility.
Per contenere l'allarme dei governatori, arriva quindi la proposta di costruire insieme il nuovo provvedimento di riforma, atteso per l'inizio del 2024, volto ad accelerare l’attuazione delle politiche di coesione in complementarità con il PNRR.
Il tavolo tecnico da istituire entro il 31 dicembre nell'ambito della cabina di Regia PNRR, si legge nella nota rilasciata al termine della cabina di regia del 6 dicembre, dovrebbe garantire il dialogo e la cooperazione per l'attuazione della riforma. Riforma che, continua la nota, introdurrà una “nuova disciplina normativa per la definizione di una roadmap degli interventi prioritari, in stretta coerenza con i documenti di pianificazione per le relative condizioni abilitanti, in materia di infrastrutture per la prevenzione del rischio idrogeologico e tutela dell’ambiente, trasporti e mobilità sostenibile, energia, risorse idriche, rifiuti e sostegno allo sviluppo delle imprese, in particolare per gli investimenti finalizzati alla transizione verde e digitale”. Ma che si muoverà, assicura Palazzo Chigi, “nell’ambito di quanto già definito nell’Accordo di partenariato e nei singoli Programmi operativi”.
Anche questa una rassicurazione alle Regioni, che però rende a questo punto meno chiaro come si intenda risolvere lo scontro già in corso con i Comuni per i tagli agli investimenti PNRR, il cui finanziamento con fonti alternative è ancora tutto da costruire e che Fitto ha sempre assicurato di volere coprire, oltre che con risorse FSC, attingendo alle risorse dei Programmi operativi 2021-2027.
Come sottolineato appena due giorni fa dal rapporto Svimez 2023, infatti, "la possibilità/necessità di trasferire alcuni interventi del PNRR sui Programmi finanziati con i fondi europei della Coesione, imporrebbe, nella maggioranza dei casi, non solo una revisione delle priorità di investimento dei Programmi, ma anche un loro nuovo ruolo di complementarità funzionale con gli obiettivi del PNRR".