A Roma, in scena i bandi MIMIT per PMI. Ecco le novità sui bandi autoconsumo industriale e Transizione 5.0
Questa mattina al Ministero delle Imprese e del Made in Italy (MIMIT) è stata offerta una panoramica di tutte le principali iniziative a sostegno delle PMI su cui sono al lavoro i tecnici del MIMIT. Non solo bandi - su cui sono state date anche alcune anticipazioni di grande interesse, come ad esempio i tempi di realizzazione degli investimenti del prossimo bando sull’autoconsumo industriale che andranno oltre la fine del PNRR - ma anche iniziative di natura strategica e normativa in fase di definizione in Italia e a Bruxelles.
Decreti legge: il governo argina il ricorso ai testi attuativi
Una lunga carrellata, insomma, di alcuni dei principali incentivi previsti per le PMI (sia esistenti, sia in fase di arrivo), affiancata dalla presentazione delle numerose iniziative su cui è al lavoro il MIMIT - ma anche del MEF presente con il dott. Luca Ferraris - per dotare l’Italia di strumenti di sostegno alle imprese adatti ai tempi che corrono.
Al centro dell’evento “Le PMI: colonna portante dell’economia nazionale ed europea”, infatti, non ci sono stati solo i bandi, ma ad esempio il libro verde Made in Italy 2030: un grande lavoro di analisi e di raccolta dati che mira a dare gli strumenti per definire le priorità di politica industriale, anche in termini di allocazione delle risorse. O anche gli impatti della due diligence sulle PMI e le attività condotte all’interno del Tavolo per la finanza sostenibile: temi che avranno conseguenze notevoli sulle imprese, soprattutto quelle di dimensione più ridotta.
I bandi del MIMIT per le PMI
Parte dell'evento è stato dedicato al sistema di incentivazione a favore delle imprese, grazie alla rassegna di alcuni dei principali strumenti destinati alle PMI.
Anzitutto la Nuova Sabatini, la misura più longeva di tutte, che da decenni ormai svolge una funzione anticiclica - grazie alla sua struttura che permette di sostenere l’equity, l’accesso al credito e l’ammodernamento della base industriale italiana - e che adesso, con la sua versione "capitalizzazione", interviene anche su uno dei talloni d'achille del nostro tessuto produttivo: la scarsa patrimonializzazione delle imprese.
E poi Transizione 4.0, su cui in questi giorni è stato pubblicato anche il primo ‘Rapporto intermedio di valutazione dell’impatto economico degli interventi del Piano Transizione 4.0’, da cui è emersa la capacità dell'agevolazione di stimolare maggiori investimenti con ricadute positive sull’occupazione e sui ricavi delle imprese beneficiarie. Nei primi tre anni di applicazione del Piano Transizione 4.0, infatti, le imprese italiane hanno maturato complessivamente 29 miliardi di euro di crediti d’imposta per investimenti destinati alla digitalizzazione del sistema produttivo, di cui circa 23 miliardi (oltre l’80%) sono stati relativi a investimenti in beni materiali 4.0 (una delle misure del Piano 4.0).
E poi ancora i mini contatti di sviluppo per le tecnologie STEP, sui quali è stato annunciato che è in fase di finalizzazione il decreto direttoriale che conterrà le modalità e i termini per accedere ai 300 milioni previsti dal bando. Una misura che parla direttamente al mondo delle PMI, agevolando investimenti di taglia più contenuta rispetto ai canonici contratti di sviluppo.
Molto rilevanti anche le novità emerse sul bando da 320 milioni di euro destinato a sostenere la realizzazione di impianti di autoproduzione e autoconsumo di energie rinnovabili. Dopo aver confermato che l’intervento sarà attivato nel primo trimestre 2025 e che il bando sarà a graduatoria, infatti, Paolo Casalino (Direttore generale per la politica industriale, la riconversione e la crisi industriale, l'innovazione, le PMI e il made in Italy del MIMI) ha annunciato che “la misura beneficierà di quella modalità tecnicamente chiamata della ‘facility’ in cui la concessione dell’incentivo deve essere effettuata entro la fine del PNRR, ma la realizzazione dell’investimento può essere più lunga". Uno schema di gioco confermato anche da Davide Amorosi dell’Ufficio di gabinetto del ministero. "Senza dubbio la tempistica” dell’intervento, ha infatti affermato Amorosi, sarà “una tempistica adeguata a quella che è la possibilità delle imprese di effettuare l'investimento. Abbiamo un investimento di taglio più piccolo perché incentrato sulle PMI e quindi non avremo le tempistiche dei contratti di sviluppo di 36 mesi prorogabili su 18”. In questo caso “si dovrebbe rimanere nell’ambito dei 24 mesi”. Un dato che - calendario alla mano - permette di ipotizzare una finestra temporale per l’attuazione degli investimenti che potrebbe arrivare addirittura al 2027.
Infine l’evento è stata l’occasione per tornare sul Piano 5.0, la misura da 6,3 miliardi di euro che dalla sua attivazione, in estate, stenta a decollare a causa di meccanismi complessi e un livello di incentivazione che non la rende del tutto competitiva rispetto ad esempio al Piano 4.0. Elementi che il MIMIT intende modificare, nei limiti delle aperture concesse da Bruxelles. Come è ormai noto, le modifiche sarebbero dovute arrivare con un emendamento al decreto Fiscale, poi saltato. Adesso gli occhi sono puntati sulla Legge di bilancio.
Tra le novità previste, anche quella sui pannelli fotovoltaici, date le difficoltà oggettive che si stanno riscontrando. Come sottolinea Raffaele Spallone (Divisione sulla politica per la digitalizzazione delle imprese, l'innovazione e l'analisi dei settori produttivi del MIMIT), infatti, l'assetto attuale della misura agevola solo gli investimenti relativi agli impianti che includono i pannelli a maggiore efficienza previsti dalle lettere b) e c) del comma 1 dell’art. 12 del DL 181/2023 (cioè quelli presenti nel Registro delle tecnologie per il fotovoltaico di ENEA che mappa i pannelli prodotti in UE). Una scelta di policy - in linea con le richieste UE di ridurre le dipendenze da alcuni paesi (in particolare la Cina) per quanto riguarda beni ritenuti strategici - che però, sottolinea Spallone, si sta scontrando con una oggettiva difficoltà: il fatto che i pannelli ad alta efficienza, e quindi i pannelli di tipo b) e c), ad oggi non sono presenti sul mercato. “Una delle novità che stiamo immaginando”, ha quindi confermato Spallone, è “di estendere la maggiorazione anche ai pannelli di tipo a), anche per renderli maggiormente competitivi nei confronti dei pannelli cinesi che hanno subito nel corso dell’ultimo anno un profondo fenomeno di deflazione che quindi li rende estremamente più competitivi rispetto ai pannelli europei”.
Sul resto delle modifiche il dirigente del MIMIT è poi tornato a parlare di cumulabilità degli aiuti con altre misure (in primis il tax credit ZES) o delle semplificazioni sulle certificazioni (ma non la loro eliminazione). Poche speranze, invece, emergono per quanto riguarda il DNSH che limita i settori che possono accedere all’incentivo. Un tema su cui da mesi è in corso un lungo negoziato con Bruxelles, che per ora non ha dato molti frutti e su cui Spallone non si mostra particolarmente positivo.
Foto di Peggychoucair da Pixabay