E-commerce, croce e delizia dell’UE
Il commercio elettronico sta mettendo in luce i limiti del mercato unico europeo. A lanciare l’allarme è un editoriale dell’Economist, secondo il quale la liberalizzazione di questo settore potrebbe stimolare la crescita economica e comportare dei benefici per la collettività. In tempo di crisi sarebbe meglio comprare i regali di Natale in anticipo per non imbattersi nei prezzi proibitivi tipici delle festività.
La moneta unica, poi, permette di confrontare facilmente gli importi nei sedici paesi che l’hanno adottata e il mercato unico consente la commercializzazione libera dei prodotti all’interno dell’UE. Grazie a una connessione veloce, quindi, dovrebbe essere semplice trovare le migliori offerte natalizie dal Portogallo alla Finlandia, senza spostarsi da casa.
E’ giunto forse il momento di brindare alla libertà di circolazione di persone, beni, servizi e capitali nell’UE? Se l’Unione Europea rappresenta potenzialmente un mercato dalle dimensioni continentali, fatto di 500 milioni di consumatori e di 20 milioni di imprese, in realtà è un agglomerato di mercati nazionali con le loro regole e differenze. Un problema che colpisce sia la piccola che la grande distribuzione, compreso il leader europeo, la francese Carrefour.
Le distorsioni del mercato appaiono ancor più evidenti analizzando le analisi sul consumo realizzate dalla Commissione Europea.
Mentre i prezzi delle automobili, prima della tassazione, sono sostanzialmente uniformi in tutta l’UE, non si può dire la stessa cosa per gli aspirapolvere. Come si spiega che il cibo in Belgio costi il 28% in più rispetto alla vicina Olanda, nonostante i due paesi si assomiglino per estensione geografica e per ricchezza pro capite? Alcune differenze sono dovute alle tasse, al costo dei magazzini e ai trasporti. Tutto questo però non fa che inficiare il concetto di mercato unico.
In passato queste discrepanze potevano anche essere comprensibili. I consumatori possono sempre decidere ragionevolmente di percorrere qualche chilometro in più per risparmiare. Nell’era di Internet, però, queste differenze lasciano qualche perplessità. In teoria, infatti, i consumatori dovrebbero prediligere gli acquisti in rete per incontrare dei prezzi più abbordabili.
Gli ostacoli al commercio elettronico transfrontaliero sono noti in tutto il mondo e per questo si tende a comprare on line perlopiù sui siti nazionali. La maggior parte dei commercianti on line non vuole scontrarsi con ventisette diverse giurisdizioni in materia di protezione dei consumatori, Iva, sistemi postali. In conclusione, sia gli utenti che le aziende preferiscono agire essenzialmente a livello nazionale. Nondimeno, si scopre che sono americani i colossi del commercio on line: Dell, Amazon, eBay e Apple sono i più attivi anche in Europa, certo non senza problemi. Forse ciò accade perché sono partiti prima degli altri, o forse perché per via delle loro grandi dimensioni possono affrontare così tante legislazioni diverse.
Il mercato unico è probabilmente l’obiettivo più ambizioso per l’UE. In un periodo di crisi economica il settore del commercio – online e offline – può rappresentare un mezzo per migliorare la competitività e promuovere la crescita. Nell’ottobre scorso il commissario per il mercato interno, Michel Barnier, ha lanciato una comunicazione per rilanciare il mercato unico, ivi compreso il commercio elettronico. Riuscirà nel suo intento? Sicuramente in questo contesto l’armonizzazione delle leggi sul copyright sarebbe utile. Grazie a una vigorosa economia on line i cittadini avrebbero accesso ad una ampia scelta di prodotti a prezzi molto più competitivi.