Direttiva pagamenti: Tajani, nessun ostacolo dall'Ue
Il decreto sullo sblocco dei pagamenti alle imprese può andare avanti. Lo confermano le parole di Antonio Tajani, vicepresidente della Commissione europea con delega all'Industria che, dopo il caos esploso lunedì, rimette ordine nella vicenda: "Non cambia nulla. E’ sufficiente qualche aggiustamento contabile e si potrà andare avanti come previsto". Non c’è pericolo, allora, per il pacchetto da 40 miliardi, spalmati tra il 2013 e il 2014, promesso dal premier Mario Monti la scorsa settimana.
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Il caso è esploso quando lunedì da Bruxelles è rimbalzata la voce che lo sblocco dei pagamenti, messo in cantiere dal Governo, avrebbe generato il prolungamento della procedura di infrazione per deficit eccessivo aperta nei confronti dell’Italia, la cui chiusura è prevista per maggio.
In sostanza, con i venti miliardi contabilizzati nel 2013, il deficit italiano schizza dal 2,4 al 2,9%, avvicinandosi alla soglia di allarme, fissata da Bruxelles al 3 per cento. Questa “situazione limite” mette a rischio l’alleggerimento della vigilanza europea nei nostri confronti. Con una conseguenza: per i paesi sotto procedura di infrazione non sono applicabili gli “sconti di bilancio” sugli investimenti produttivi e sui pagamenti alle imprese.
Un caos di difficile comprensione che, però, Tajani semplifica così: “E’ solo una questione contabile che non cambia la sostanza. L’Italia è perfettamente in grado di pagare le sue imprese e dovrà farlo, come previsto, nel giro di 24-26 mesi al massimo”. Non ci sono problemi di sostanza. “Semplicemente – aggiunge il commissario – l’Italia è stata invitata a non avvicinarsi troppo al limite del 3 per cento. Lo sforamento del tetto potrebbe rappresentare un problema”.
Evitare di superare questo limite, stando a quanto spiegano i tecnici della Commissione europea, non dovrebbe essere difficile. Secondo le stime di Bankitalia, infatti, il totale dei debiti verso le imprese ammonta a circa 70 miliardi. Non tutti, però, sono uguali, per ragioni tecniche. Una parte è già stata contabilizzata nel deficit e andrà a incidere solo sul debito pubblico (circa 56 miliardi, l’80%). Una parte non è ancora stata conteggiata né nel deficit né nel debito (circa 14 miliardi, il 20%). Buona parte della seconda porzione, dicono dalla Commissione, è stata spalmata sul 2013: si tratta di circa 8 miliardi di euro. Questa ripartizione, però, ha causato l’esplosione del deficit nelle previsioni per l’anno in corso, che si è così pericolosamente avvicinato alla quota del 3 per cento, con gli effetti che abbiamo visto.
“Per evitare problemi - spiegano da Bruxelles - sarà sufficiente ridurre gli otto miliardi a valere sul deficit nel 2013”. Anche un solo miliardo dovrebbe garantire l’effetto. Salvandoci dall’infrazione e garantendoci il rispetto delle indicazioni contenute nella lettera di Tajani e del suo collega Olli Rehn.