Import-export: pubblicato il rapporto Ice-Istat
“Se togliessimo dal calcolo della bilancia commerciale il grande fardello dell’import energetico – ha infatti ha affermato Adolfo Urso, vice ministro allo Sviluppo Economico con delega al Commercio Estero, commentando i dati – potremmo vedere che al netto di petrolio e gas naturale, registreremmo un saldo positivo per oltre 15 miliardi di euro, segno che nonostante la crisi economica che ha colpito tutti grandi paesi esportatori, dal Giappone alla Germania, il made in Italy continua a resistere”. Ma la storia non si fa con i se e con i ma.
Al primo posto tra i nostri partner si conferma la Germania, (nonostante il valore sia diminuito dell’1,3%), seguita dalla Francia (-2,5%), mentre una flessione più netta si è registrata verso la Spagna (-12,7%), rimasta al terzo posto dei principali mercati di destinazione. La Russia ha migliorato la propria posizione, attestandosi al settimo posto (+ 9,5%).
Sono diminuite le nostre esportazioni verso gli Stati Uniti (-5%), quarto Paese di sbocco per le nostre esportazioni, mentre quelle verso la verso la Cina sono aumentate del 2,5%. La posizione in graduatoria della stessa Cina (14° posto) e quella del Giappone (17° posto) sono rimaste stabili. Cos’è successo nel 2008? Nonostante sia cresciuto il disavanzo energetico per via dalla dinamica dei prezzi delle commodities nella prima parte dell’anno, si è verificato un miglioramento del saldo manifatturiero (da 51 a 62 miliardi di euro), perché le importazioni sono diminuire più di quanto sono aumentate le esportazioni.
Appaiono dinamiche le esportazioni di aeromobili e veicoli spaziali (+25,5 per cento), macchine per l'agricoltura e la silvicoltura (+17,2 per cento), prodotti petroliferi raffinati (+15,4 per cento), altri prodotti alimentari (+12 per cento), tubi (+8,3 per cento), prodotti della siderurgia (+7,7 per cento) e motori, generatori e trasformatori elettrici (+7,4 per cento).
In sofferenza purtroppo alcuni settori di specializzazione tradizionale del Made in Italy (tessile, calzature, elettrodomestici, mobili, gioielli) nei quali la flessione delle esportazioni è stata tanto forte da determinare un peggioramento del saldo. Nel caso degli elettrodomestici la contrazione delle esportazioni potrebbe essere legata anche allo delocalizzazione all’estero di alcune produzioni destinate ai mercati internazionali.
Il Doha Round che non si sblocca
Non si può ignorare il peso delle dinamiche negative delle commercio internazionale, che in passato aveva amplificato gli stimoli espansivi generati dalla domanda interna dei vari paesi. Nei fatti sono ancora congelati i negoziati in corso presso l’Organizzazione Mondiale del Commercio (WTO) nell’ambito della Doha Development Agenda. Le aspettative che la situazione si sbloccasse. Il pacchetto sul tavolo dei negoziati proponeva una forte riduzione dei dazi sulle importazioni di prodotti industriali dei paesi avanzati e di una gran parte dei paesi emergenti, soprattutto Cina, India e Brasile. Tuttavia, specifici contrasti sull’agricoltura e sui “diritti speciali di salvaguardia”, che alcuni tra i grandi paesi produttori, come l’India e la Cina volevano vedere conservati, hanno bloccato l’accordo. Secondo Adolfo Urso, “L'agenda di Doha vale 10 finanziarie, circa 200 miliardi di dollari e darebbe da subito fiato alla ripresa dei commerci quindi all’economia globale”. Proprio negli anni in cui l’introduzione dell’euro avrebbe favorito l’intensificazione degli scambi tra i paesi che hanno adottato la moneta unica, le esportazioni italiane verso i mercati dell’Unione non risultano particolarmente significative. E’ pur vero che le imprese italiane sono sempre state pronte a cogliere le opportunità di mercato che si presentano in aree emergenti come l’Europa centro-orientale, il Nordafrica e il Medio Oriente.
Il "fardello energetico" che pesa sulle importazioni
Le importazioni italiane sono aumentate dell’1,1% in valore, soprattutto dai Paesi esportatori di materie prime energetiche quali Libia (che è passata dall’ottavo al quinto posto), Russia (giunta al sesto posto) e Algeria (+41% rispetto al 2007) che ha guadagnato due posizioni nella graduatoria dei principali fornitori dell’Italia.
In classifica quest’anno sono entrati anche Azerbaigian e Arabia Saudita, a conferma della forte incidenza dei prodotti energetici sugli acquisti di merci dall’estero, quello che lo stesso Adolfo Urso definisce “il nostro fardello energetico”.
Il deterioramento del saldo commerciale nel 2008 è derivato principalmente dagli scambi con i Paesi produttori di materie prime (Africa, Medio Oriente e Russia), effetto della forte crescita dei prezzi sul valore delle importazioni nella prima parte dell’anno.
Vi hanno contribuito anche l’aumento del disavanzo con la Cina e la riduzione dell’attivo con gli Stati Uniti, effetto della recessione sulle esportazioni italiane e del deprezzamento del dollaro.
Migliorato invece il saldo con l’Unione europea, risultato di una contrazione delle importazioni maggiore rispetto a quella delle esportazioni.
Un 2009 difficile
I dati disponibili sui primi cinque mesi del 2009 mostrano ancora una sensibile caduta delle esportazioni e delle importazioni con tutte le aree, mentre i saldi risentono favorevolmente del calo dei prezzi delle materie prime importate rispetto ai picchi raggiunti nella prima parte dell’anno scorso. Le esportazioni sono diminuite in tutti i Paesi, tranne che in Cina.
Nello stesso periodo si registrano saldi positivi, in particolare, con gli Stati Uniti, l’Oceania, la Svizzera, i paesi del Sud Est asiatico ed il Messico.
(Fonti: Ice, Istat. A cura di Alessandra Flora)