Agroalimentare - come ridurre l’impronta ambientale delle filiere?
Oltre 200 le imprese coinvolte nel progetto europeo PEFMED per ridurre l’impronta ambientale di sei prodotti agroalimentari di largo consumo: olio d’oliva, vino, acqua in bottiglia, mangimi, salumi e formaggio.
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Finanziato con circa 2 milioni di euro dalla Commissione europea, il progetto PEFMED ha coinvolto in Italia anche il Ministero dell’Ambiente e Federalimentare, che ha coordinato le iniziative di trasferimento tecnologico delle maggiori federazioni agroindustriali degli altri Paesi coinvolti (Grecia, Francia, Portogallo, Slovenia e Spagna).
Come misurare la sostenibilità dell’agrifood
Le iniziative nei sei Paesi hanno riguardato complessivamente nove filiere agroindustriali sulle quali è stata testata una metodologia comune per la valutazione dell’impronta ambientale dei prodotti nel loro ciclo di vita, secondo il metodo europeo PEF (Product Environmental Footprint), per individuare le maggiori criticità ambientali ma anche per promuovere la produzione di prodotti a basso impatto nel mercato europeo e la competitività delle aziende.
In parallelo all’applicazione della PEF, un team di ricercatori, imprenditori ed esperti ha associato al metodo un set di indicatori socio-economici relativi a diritti umani, condizioni di lavoro, salute e sicurezza, patrimonio culturale, governance e impatti socio-economici sul territorio, con l’obiettivo di definire per ogni azienda un business plan sostenibile.
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“Una vera e propria strategia di eco-innovazione e di marketing in grado di individuare aree di intervento e soluzioni tecnologiche e gestionali e ridurre gli impatti sia ambientali che socio-economici di prodotto e filiera, con un’attenzione al territorio e agli strumenti di politica economica disponibili”, spiega Caterina Rinaldi, ricercatrice ENEA e coordinatrice del progetto.
“Il metodo e gli strumenti utilizzati nel progetto hanno dimostrato di essere efficaci per aziende e filiere e potrebbero servire a rispondere adeguatamente ai bisogni dei consumatori, soprattutto se associati ad uno schema di certificazione, come ad esempio il marchio nazionale ‘Made Green in Italy’ del Ministero dell’Ambiente”, conclude.
“Ritengo che la partecipazione al progetto PEFMED sia stata decisamente positiva su diversi fronti”, evidenzia Ivano Vacondio, presidente di Federalimentare. “La Federazione, ancora una volta, ha dimostrato come il settore alimentare sia attento e sensibile ai temi della sostenibilità e delle dichiarazioni ambientali di prodotto. Nell’ambito del progetto, una serie di imprese agroalimentari italiane ed europee hanno svolto delle sperimentazioni e testato concretamente l’applicazione della PEF su alcuni prodotti per valutarne le potenziali performance ambientali", continua.
"Tuttavia permangono aree da sviluppare ulteriormente, per consentire un uso credibile e di successo della PEF", riconosce Vacondio. "Solo per citarne alcune: è necessario sviluppare ulteriormente le regole di categoria di prodotto (le PEFCR), aumentare la rappresentatività delle banche dati e rendere la PEF fattibile anche per le piccole e medie imprese. Dal punto di vista della comunicazione, infine, le informazioni basate sulla PEF devono essere volontarie e off-pack”.
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