Social Impact Bond - abbiamo di fronte un lupo o un agnello?
Complice la crisi, i Social Impact Bond conoscono una diffusione crescente. Tra il 2014 e il 2017, secondo i dati dell’International Capital Market Association, il volume delle loro emissioni è cresciuto del 1700%. Ma tali strumenti pongono una serie di interrogativi etici.
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Per alcuni sono una soluzione vincente, oltre che una delle risposte più incisive alla mancanza di investimenti in periodi di crisi. Altri, invece, invitano a vigilare maggiormente su simili strumenti e su loro livello di trasparenza.
La questione circa la bontà dei Social Impact Bond è legata alla diffusione crescente di tale strumento finanziario, finalizzato alla raccolta da parte del settore pubblico di finanziamenti privati, ad esempio mediante l’emissione di obbligazioni. Una tematica che è stata al centro dell’incontro organizzato dalla Febaf “The Ethics of Social Bonds and Green Finance: Challenges and Opportunities”.
Il caso più celebre: Peterborough Social Impact Bond
Nel 2010 il Governo britannico annuncia l’emissione di un Social Impact Bond della durata di 6 anni per realizzare un intervento di riabilitazione nella prigione di Peterborough. Il progetto prevedeva che i fondi elargiti dagli investitori privati fossero ripagati solo se si fosse centrato l’obiettivo di ridurre il tasso di recidiva dell’1,5% fra i condannati a pena breve.
Raccolti 5 milioni di sterline da 17 trust e fondazioni, è nata One Service, un’organizzazione ombrello fondata per rispondere alle complesse necessità dei detenuti al fine di aiutarli ad uscire dal circolo della criminalità.
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A distanza di 8 anni, il Peterborough Social Impact Bond si può considerare un caso di successo: la recidiva, infatti, è stata ridotta del 9% rispetto ad un gruppo di controllo nazionale.
E in Italia?
Anche in Italia il mercato è in ascesa, all’insegna di una sostenibilità che declina nei comportamenti finanziari e negli strumenti di finanziamento i principi etici della trasparenza, del lungo termine e della considerazione attenta delle tematiche ambientali, sociali e di governance societaria.
Questioni analizzate da Guillerme Vasconcelos Vilaca dell’Università di Helsinki, che nel suo intervento ha invitato a prendere in considerazione i diversi aspetti dei Social Impact Bond.
Nel Belpaese per imbattersi nel primo caso di Social Impact Bond c’è da attendere il 2017. A giugno dello scorso anno, infatti, Fondazione Sviluppo e Crescita CRT e Human Foundation hanno lanciato il primo progetto nazionale di questo tipo per il reinserimento sociale e lavorativo delle persone detenute, presso la casa circondariale Lorusso e Cutugno di Torino.
Se la sperimentazione darà i suoi frutti, la Human Foundation ha già in serbo altri campi d'azione dove poter unire sforzo privato e pubblico per il benessere dei cittadini, dalla dispersione scolastica al contrasto di patologie causate da stili di vita errati, come il diabete.
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Social Impact Bond: una soluzione win-win...
In periodi di crisi, si sa, gli Stati fanno fatica a realizzare investimenti o hanno minori possibilità di farlo. Con i Social Impact Bond si verifica un allineamento di interessi fra pubblico e privato: in un modello ideale il raggiungimento del risultato sociale previsto produrrà un risparmio per la Pubblica Amministrazione e un margine che potrà essere impiegato per remunerare gli investitori.
Detto in altri termini, ci guadagnano tutti: si forniscono servizi e benefit per la comunità, e c’è un ritorno finanziario per gli investitori.
… o un lupo travestito da agnello?
Allo stesso tempo, i Social Impact Bond pongono una serie di questioni di carattere etico. Gran parte dei dubbi che simili strumenti suscitano ha a che fare con la loro natura contrattuale: si tratta di contratti privati a tutti gli effetti, che pur coinvolgendo le amministrazioni pubbliche e pur ponendosi obiettivi legati sostanzialmente al welfare non sono del tutto trasparenti. Non solo la fase di negoziazione, ma anche quella di ri-negoziazione restano alquanto opache.
Inoltre, misurarne gli effetti non è così immediato: non è chiaro chi è deputato ad effettuare tali misurazioni, e se si tratti di un’entità super partes.
Altra questione cruciale è legata alla “finanziarizzazione” della società: è giusto cioè che la finanza si occupi di questioni sociali? e perché i servizi di welfare dovrebbero generare profitti?
Vilaca suggerisce di impiegare, anche nel caso dei Social Impact Bond, il principio di precauzione utilizzato nell’etica e nel diritto ambientale, la norma che afferma che ove vi siano minacce di danno serio o irreversibile, l’assenza di certezze scientifiche non deve essere usata come ragione per impedire che si adottino misure di prevenzione della degradazione ambientale.