Accordi di libero scambio - cresce l'export delle imprese europee
E’ stato pubblicato oggi il nuovo report annuale della Commissione europea che esamina il livello di attuazione degli accordi di libero scambio (FTA) siglati dall’UE, facendo un bilancio sulle ricadute per le imprese. Il primo dato che emerge è quello di un export che cresce in tutti i settori.
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La Commissione europea ha pubblicato oggi la terza edizione del report annuale sull'implementazione degli FTA siglati dall’UE con numerosi partner economici, soffermandosi sui seguenti aspetti dei flussi commerciali e degli investimenti esteri diretti:
- la misura in cui le società dell'UE hanno utilizzato le riduzioni tariffarie e i contingenti disponibili nell'ambito degli accordi commerciali;
- una valutazione completa sul primo anno intero (il 2018) che ha vissuto l’entrata in vigore (provvisoria) del CETA, nonché una panoramica sui preparativi inerenti l'entrata in vigore dell’Accordo di partenariato economico UE-Giappone;
- i progressi compiuti nella rimozione degli ostacoli agli scambi per le società esportatrici dell'UE e le misure adottate per migliorare l'ambiente imprenditoriale;
- i progressi raggiunti nell'attuazione delle disposizioni in materia di diritti dei lavoratori e protezione dell'ambiente e del clima, adottate nell'ambito degli accordi commerciali dell'UE;
- una valutazione dei vantaggi degli accordi commerciali dell'UE per le piccole e medie imprese.
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I risultati presenti nel report saranno discussi nelle prossime settimane dal Parlamento europeo e dai rappresentanti degli Stati membri in seno al Consiglio.
I principali risultati presenti nel report 2019
Il quadro che viene fuori dalla III edizione del report è incoraggiante. Nel 2018 sono aumentate le esportazioni e le importazioni europee - rispettivamente del 2% e del 4,6% rispetto all’anno precedente - con i paesi con cui l’Unione ha siglato accordi di libero scambio.
Dato particolarmente interessante è poi quello che analizza la bilancia commerciale europea sia con i paesi partner di accordi commerciali sia con quelli che non lo sono. Su questo fronte si vede che l'UE ha registrato un surplus di 84,6 miliardi di euro di scambi di merci con i paesi della prima tipologia, rispetto al deficit commerciale complessivo registrato con il resto del mondo e che si attesta sui 24,6 miliardi di euro.
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Si tratta di dati positivi che hanno ripercussioni anche sul versante occupazionale. La crescente rete di accordi commerciali dell'UE, infatti, sta creando opportunità economiche anche per i lavoratori europei, con oltre 36 milioni di posti di lavoro supportati dall’export di prodotti e servizi verso aree extra-UE.
Dal punto di vista settoriale, nel 2018 si sono registrati risultati positivi un po' ovunque; lo scorso anno è stato particolarmente buono per:
- il settore agroalimentare, dove l’export di prodotti UE verso paesi partner ha registrato un aumento complessivo del 2,2% rispetto all'anno precedente;
- le esportazioni di beni industriali europei, che sono aumentate complessivamente del 2%, con una crescita più forte raggiunta dai prodotti chimici (2,5%), dai prodotti minerali (6%) e dai metalli di base (4,4%).
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Quattro tipologie di accordi commerciali
La rete commerciale europea è la più grande al mondo. Nel 2018, infatti, il 31% degli scambi commerciali europei si è realizzato con paesi con cui l’UE ha siglato una qualche forma di intesa commerciale.
Ad oggi l’Unione europea ha all'attivo quattro tipologie di accordi:
- gli accordi di prima generazione, focalizzati per lo più sull'eliminazione delle barriere tariffarie. Si tratta di accordi conclusi prima della comunicazione della Commissione europea "Europa globale" del 2006 e che riguardano: Norvegia, Svizzera, otto paesi del Mediterraneo, Messico e Cile; l’Unione doganale con la Turchia e gli Accordi di stabilizzazione e associazione con cinque paesi dei Balcani occidentali (contenenti disposizioni aggiuntive per prepararsi alla loro progressiva integrazione nel mercato UE);
- gli accordi di seconda generazione che si estendono, invece, anche a nuove aree come quelle in materia di concorrenza, protezione dei diritti di proprietà intellettuale, cooperazione doganale, impegni in materia di servizi e stabilimento e sviluppo sostenibile. Si tratta, nello specifico, degli accordi con la Corea del Sud, la Colombia, il Perù e l'Ecuador, l'America centrale e il Canada.
- aree di libero scambio globali e approfondite (DCFTA) il cui obiettivo è il rafforzamento dei legami economici tra l'UE e i suoi vicini, avvicinando il quadro normativo di questi paesi al diritto europeo, soprattutto per quanto riguarda l’area commerciale. In questo caso i paesi coinvolti sono l’Ucraina, la Georgia e la Moldavia.
- infine gli accordi di partenariato economico (APE) con le regioni dell'Africa, dei Caraibi e del Pacifico, che si concentrano sulle esigenze di sviluppo di questi paesi.
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Nelle più moderne tipologie di accordi, l’Unione europea sta ponendo sempre più enfasi anche sugli aspetti sociali e ambientali connessi ai flussi commerciali.
Sotto il primo profilo, ad esempio, particolare attenzione è attribuita alle questioni connesse alla tutela dei lavoratori. Tra i progressi raggiunti su questo fronte, il report segnala quelli relativi al Vietnam. Prima dell’entrata in vigore dell’accordo, infatti, il Paese del sud-est asiatico si è impegnato a ratificare la Convenzione del 1998 dell'Organizzazione internazionale del lavoro (ILO) sui diritti di organizzazione e di contrattazione collettiva, favorendo la creazione di maggiori tutele per i lavoratori vietnamiti.
Interventi dell’UE su questo fronte non sono mancati neanche nei confronti di un partner commerciale di più vecchia data come la Corea del Sud, nei cui confronti l’UE ha richiesto l’apertura di un panel per la mancata ratifica, da parte di Seoul, delle convenzioni ILO sui diritti dei lavoratori (in particolare su libertà di associazione e contrattazione collettiva).
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