Come l’UE può affermare la sua leadership digitale nei prossimi cinque anni
Tra le sfide che si troverà a dover affrontare la seconda Commissione europea targata Ursula von der Leyen, la trasformazione della sua ambizione normativa in una leadership tecnologica globale è cruciale. L’obiettivo è duplice: implementare l’imponente corpus legislativo digitale adottato negli ultimi anni e costruire infrastrutture digitali che permettano a Bruxelles di competere con altre potenze globali, come spiegato nel Rapporto Draghi. Il successo dell’UE dipenderà dalla capacità di trasformare le ambizioni normative in azioni concrete, come sottolineano Massimiliano Gambardella e Cristiano Zagari in questo studio.
Dall'IA ai semiconduttori, il ruolo della digitalizzazione nel Rapporto Draghi
Nel “CEPS (Centre for European Policy Studies) Explainer”, i due autori chiariscono come, al fine di comprendere a fondo i cambiamenti in atto nel settore digitale e “per camminare con fiducia verso il futuro”, sia necessario analizzare innanzitutto quanto è stato fatto negli ultimi cinque anni.
Tra gli sviluppi più importanti nel settore digitale che ha accompagnato il recente entusiasmo normativo dell’UE, vi è la crescita delle Infrastrutture Pubbliche Digitali (IPD), stimolata dalla necessità di rispondere in modo rapido ed efficace a due grandi crisi: la pandemia di Covid-19 e lo scoppio della guerra in Ucraina.
Secondo lo studio, a dover gestire la 'digital transition' in atto sarà la finlandese Henna Virkkunen, nominata vicepresidente esecutiva per la sovranità tecnologica, la sicurezza e la democrazia: un incarico strategico che riflette l’impegno dell’UE nel rafforzare la propria autonomia tecnologica. Come illustrato dalla presidende della Commissione europea von der Leyen nella lettera di missione indirizzata a Virkkunen, al centro del mandato della nuova vicepresidente esecutiva vi è il compito cruciale di guidare il “portafoglio delle tecnologie digitali e di frontiera”, accelerando la leadership europea nel settore tecnologico per competere su scala globale con Stati Uniti e Cina.
Virkkunen sarà responsabile di sviluppare un'infrastruttura digitale pubblica europea moderna e resiliente, supportando le imprese nel pieno utilizzo delle tecnologie per semplificare operazioni, ridurre costi amministrativi e favorire l'innovazione. Tra le iniziative chiave, Gambardella e Zagari ricordano la creazione di un Consiglio europeo di ricerca sull’intelligenza artificiale, una strategia per l’Unione dei dati e un piano a lungo termine per i chip quantistici, nonché un “EU Cloud and AI Development Act”, come suggerito dal Rapporto Draghi.
L’effetto Bruxelles: dalla normativa alla leadership globale
Negli ultimi anni, l’UE ha consolidato il suo soft power normativo attraverso una regolamentazione ambiziosa, che include provvedimenti come il Digital Services Act e il Digital Markets Act, rafforzando la protezione dei consumatori e regolando i mercati digitali. Questo "Effetto Bruxelles", come definito da Gambardella e Zagari, ha attirato l’attenzione internazionale, costringendo le grandi aziende tecnologiche a confrontarsi con standard più rigorosi.
Tuttavia, tale posizionamento ha creato - e non solo in Europa - grandi aspettative sul fatto che l'UE possa diventare, almeno nel medio termine, una potenza digitale globale o addirittura un "impero digitale". In questo senso, il nuovo mandato politico dell'UE per i prossimi cinque anni si apre con due domande fondamentali per i responsabili politici: in primo luogo, come possono le istituzioni dell'UE e gli Stati membri attuare tutta la legislazione adottata; in secondo luogo, come si può integrare il soft power normativo con i vincoli tecnologici e infrastrutturali, quest'ultimo un prerequisito per poter agire come una potenza digitale globale?
La sfida di gestire le ambizioni regolatorie dell’UE
In questo contesto, sottolineano gli autori dello studio, l’Unione ha abbandonato l’approccio normativo “leggero” adottato per decenni nella sfera digitale, introducendo una serie di leggi ambiziose per regolare il settore. Questo cambiamento ha generato tensioni con gli Stati Uniti, dove regolamentazioni meno restrittive, come il Communications Decency Act, hanno plasmato per anni i modelli di business. Tuttavia, il vero ostacolo per Bruxelles è ora l’implementazione di queste norme, un compito arduo data la carenza di esperti tech e legal-tech necessari per garantirne l’applicazione.
Anche se l’Europa riuscisse a colmare questa lacuna, la strada verso una leadership tecnologica globale sarebbe ancora lunga. Chi crea tecnologia stabilisce gli standard globali, mentre chi regolamenta spesso si limita a rincorrere. L’Europa si trova così di fronte a un dilemma: seguire le potenze extraeuropee cercando di regolamentare infrastrutture sviluppate altrove o ribaltare il paradigma proponendo una visione tecnologica autonoma.
Questa decisione, però, come sottolineato nello studio, sembra essere già stata presa dalla storia. Eventi come la pandemia di Covid-19 hanno accelerato processi che hanno visto l’UE costretta a reagire più che a guidare, lasciandola ancora in una posizione subordinata nella corsa globale al digitale.
Lezioni dalle crisi recenti per realizzare la transizione digitale europea
Le crisi globali degli ultimi cinque anni, in particolare la pandemia e l’invasione russa dell’Ucraina, hanno agito da potenti acceleratori della trasformazione digitale nell’Unione Europea, mettendo in evidenza la centralità delle infrastrutture digitali. Questi eventi hanno spinto Bruxelles a rafforzare la resilienza tecnologica attraverso strumenti interoperabili e soluzioni innovative, come il “Certificato Digital Covid”, che ha posto le basi per un sistema europeo di identità digitale universale.
A tal proposito, il concetto di Infrastrutture Pubbliche Digitali (IPD) è emerso come pilastro della resilienza e dell'inclusività. Queste infrastrutture, costruite su standard aperti, mirano a rendere accessibili i servizi pubblici e privati su scala europea, facilitando la distribuzione di servizi sociali, pagamenti e gestione di identità digitali. Il prossimo passo sarà l’introduzione, entro il 2026, di un Portafoglio Europeo di Identità Digitale (“UE Digital Identity Wallet”). Nello specifico, l’obiettivo di Bruxelles è quello di creare un sistema di identità digitale universale per i cittadini europei, che consenta loro di scaricare e utilizzare il portafoglio in modo gratuito e sicuro per accedere a un’ampia gamma di servizi pubblici e privati, basandosi sulla verifica dell’identità e sull’autenticazione di altre credenziali memorizzate in un’app. Il primo portafoglio di identità digitale dell’UE dovrebbe essere rilasciato entro la fine del 2026. A proposito del portafoglio digitale, che comunque non sarà obbligatorio, gli autori sottolineano anche come l’UE presti una certa attenzione al tema del rispetto della privacy, lasciando la possibilità agli utenti di mantenere il controllo, scegliendo quali dati condividere e con chi.
Tra i fattori motivanti della creazione di un portafoglio digitale europeo, va ricordata la volontà di Bruxelles di creare spazi di dati europei veramente comuni e di costruire una propria infrastruttura digitale autonoma, sostenendo la competitività europea in uno scenario tecnologico sempre più complesso.
Il ruolo cruciale delle infrastrutture digitali pubbliche nella guerra Russia-Ucraina
Come evidenziato nello studio, a mettere in luce l’importanza strategica delle Infrastrutture Digitali Pubbliche (DPI) è stata anche la guerra in Ucraina, in particolare con la DPI ucraina “Diia” come esempio di resilienza e innovazione. Progettata nel 2020 per unificare i servizi digitali in un’unica piattaforma accessibile, Diia ha mostrato la sua versatilità, adattandosi prima alla pandemia e poi alle esigenze del conflitto, dimostrandosi un modello avanzato per le DPI europee.
Nel dettaglio, durante la guerra Diia ha fornito servizi essenziali, facilitando:
- richieste di assistenza economica per sfollati e disoccupati;
- riconoscimento di danni a proprietà per risarcimenti;
- utilizzo di documenti digitali per l’identificazione e l’accesso ai servizi sociali.
Questo strumento ha inoltre contribuito alla raccolta di fondi per la difesa nazionale tramite obbligazioni militari e donazioni e ha mantenuto vivo l’accesso all’informazione e all’intrattenimento, persino in un contesto di guerra, garantendo continuità alle trasmissioni radiotelevisive.
Con oltre 20 milioni di utenti, attualmente la "Diia" rappresenta il modello più avanzato di DPI in Europa e un esempio di come le infrastrutture digitali possano trasformarsi in risorse strategiche durante le crisi, rafforzando il legame tra cittadini, Stato e comunità internazionale.
Conclusioni
L’Europa ha intrapreso un percorso ambizioso verso la sovranità digitale, combinando regolamentazione, infrastrutture e visione strategica. Tuttavia, la strada per diventare una potenza digitale globale richiede non solo normative all’avanguardia, ma anche capacità tecnologiche, investimenti e collaborazione internazionale.
Le recenti crisi hanno accelerato il processo, ma il vero test sarà la capacità dell’UE di trasformare le ambizioni in realtà. Secondo i due autori, per affermarsi come leader tecnologico globale, l’UE dovrà in particolare investire strategicamente in DPI, concentrarsi su investimenti strategici in tecnologie avanzate e standard aperti per costruire infrastrutture digitali resilienti e sostenibili. È inoltre necessario promuovere la collaborazione pubblico-privato per stimolare l'innovazione e la co-creazione di servizi digitali, creando allo stesso tempo un quadro normativo chiaro e fornire incentivi per incoraggiare l'adozione di standard aperti, il tutto garantendo la protezione dei dati e della privacy.
Tackling the EU’s digital ambitions over the next five years