Caro-energia e PPA, verso rafforzamento ruolo GSE
L'industria italiana è preoccupata per il caro energia e Confindustria si è fatta portatrice di questo tema in Parlamento, durante un'audizione sul DL n. 208/2024 in discussione presso le commissioni Bilancio e Ambiente della Camera. La proposta dell'associazione degli industriali passa per un rafforzamento del ruolo del GSE per i contratti di compravendita a lungo termine (PPA) tra produttori di energie rinnovabili e imprese consumatrici. Ma cosa sono i PPA e perchè su di essi si sta giocando una partita importante per il mercato energetico per le imprese?
Per le imprese energivore l'Energy release traccia la strada
I costi energetici elevati rappresentano una barriera significativa per la crescita industriale, in particolare per i settori ad alta intensità energetica, che hanno visto una riduzione della produzione del 10-15% dal 2021 a livello UE.
In base ai numeri forniti da Confindustria in audizione alla Camera sul decreto-legge Emergenze e per l'attuazione del PNRR (DL 208/2024), nel 2024 i prezzi del gas e dell’energia elettrica sono risultati in discesa rispetto al 2023 ma si sono allargati a livelli record i differenziali tra l’Italia e le altre manifatture europee.
In particolare, il prezzo all’ingrosso dell’energia elettrica in Italia è stato del 38% più alto di quello della Germania, dell’87% più alto di quello della Francia e del 72% più alto di quello della Spagna. La principale motivazione del divergente prezzo dell’elettricità sul mercato all’ingrosso fra l’Italia e gli altri Paesi è la differente struttura del mix di generazione, in Italia storicamente legato al gas naturale, «su cui grava anche il costo della CO2 del sistema ETS trasferito sul prezzo pagato da tutti i consumatori».
Agire sui PPA per risparmiare 5 miliardi l'anno
L'attuale delegato sul tema da parte del presidente di Confindustria, Aurelio Regina, ha avvisato che tale gap di competitività «non è più tollerabile e occorre implementare strumenti nuovi». La ricetta dell'associazione degli industriali italiani parte da una proposta che potrebbe garantire un risparmio pari a circa 5 miliardi l'anno dei costi dell'energia arrivando a contrattualizzarla per «tutte le imprese a 65 euro/MWh».
L'associazione ha concentrato la propria attenzione sull'articolo 8 del DL 208/2024. «In particolare - ha spiegato l'associazione degli industriali - il provvedimento prevede una garanzia di ultima istanza per il rischio controparte nei contratti di lungo termine fra produttori di energia rinnovabile e imprese consumatrici (PPA – Power Purchase Agreement) affidando al GSE il ruolo di garante per i PPA negoziati sulla Piattaforma del Gestore del Mercato Elettrico (GME)».
Per Confindustria il GSE dovrebbe avere un ruolo proattivo
Ma per via dell'Astronomia non basta: è ora necessario «completare la riforma andando a popolare adeguatamente il mercato secondario dei contratti di lungo termine che altrimenti potrebbe rimanere comunque deserto. Proponiamo nella sostanza - ha precisato - di abilitare il Gse non solo a fornire la garanzia di ultima istanza, ma anche a stipulare direttamente contratti di lungo termine in modo da aumentare la liquidità del mercato, visto che il GSE è acquirente centralizzato di energia rinnovabile, che la può ricontrattualizzare a beneficio di tutte le imprese consumatrici».
«Proponiamo, infatti, di completare il ruolo del GSE, che oggi agisce esclusivamente come acquisitore centralizzato di energia rinnovabile dai produttori (con strumenti finanziari di tipo Contract For Difference-CFD), attraverso l’affidamento anche del compito di rivendere sul mercato i contratti di lungo termine acquisiti (sempre attraverso strumenti finanziari di tipo CFD). In tale modalità, il GSE non drenerebbe dunque liquidità dal mercato delle rinnovabili di lungo termine ma fungerebbe come controparte centrale facilitando l’avvio di un mercato di contratti di lungo termine di energia rinnovabile, anche superando l’impostazione attuale di un procurement centralizzato che garantisce sclusivamente i produttori dal rischio prezzo ma non i consumatori».
Le imprese nel 2024 hanno consumato circa 120 TWh, un valore simile all’energia che verrà generata dai nuovi impianti rinnovabili al 2030 per raggiungere gli obiettivi del Piano Nazionale Integrato Energia e Clima. Nel complesso, «prenderebbe forma il disegno che prevede di disaccoppiare l’energia generata da fonti fossili da quella ottenuta da risorse rinnovabili e sviluppare contratti di medio-lungo termine con i consumatori in grado di fornire una stabile controparte alla generazione rinnovabile oggetto di procurement centralizzato del GSE». Una strada che permetterebbe di «abilitare, contestualmente, la competitività e decarbonizzazione delle imprese, riducendo sia le emissioni dirette (promuovendo l’elettrificazione dei consumi), che le emissioni indirette, sostituendo consumi di elettricità fossile con rinnovabile». Quanto a «costi e differenziali finanziari che la misura genererebbe», nella proposta degli industriali «non finiscono né sul bilancio dello Stato, né nelle bollette di famiglie e imprese, perché sono coperti dall’utilizzo di una quota parte dei fondi derivanti dalle aste annuali Ets».
Cosa sono i PPA e come funzionano
I PPA sono contratti di compravendita di lungo termine di energia da fonti rinnovabili. In audizione alla Camera è stato lo stesso ministro dell'Ambiente e della sicurezza energetica, Pichetto Fratin, a precisare qualche giorno fa: «I contratti di acquisto di elettricità a lungo termine, i Power Purchase Agreement (PPA) o contratti per differenza, possono aiutare ad attenuare il costo dell'energia per gli utenti finali. Tali misure consistono nell'acquisto a lungo termine di capacità rinnovabile a prezzo fisso. Questo consente ai consumatori finali di approvvigionarsi a costi inferiori e meno esposti alla volatilità dei mercati spot, e ai produttori di stabilizzare il finanziamento degli investimenti».
Tavolo al MASE sul disaccoppiamento del prezzo finale dell'elettricità
«Nei prossimi giorni - ha proseguito Pichetto - avvieremo un tavolo di confronto con tutte le forze politiche per raccogliere proposte che vadano in direzione del disaccoppiamento» del prezzo finale dell'elettricità da quello del gas. Il prezzo della corrente in passato è stato legato a quello del metano, per incentivare le rinnovabili, all'epoca più care. Oggi però le fonti pulite sono più economiche del gas, e l'accoppiamento finisce per alzare il prezzo finale della corrente.
«A fronte di meno di 100 terawattora di energia elettrica prodotta da impianti alimentati a gas naturale - ha spiegato il ministro -, l'energia elettrica che viene valorizzata al prezzo fissato dagli impianti a gas è ben più del doppio». Pichetto ha citato l'Energy Release come esempio di Power Purchase Agreement, e ha aggiunto che si sta «lavorando allo sviluppo di una piattaforma PPA gestita da una controparte centrale, in attuazione di una delle riforme previste dal PNRR. Si tratterà di una piattaforma di mercato centralizzata gestita dal Gestore del Mercato Elettrico, dove saranno negoziati contratti PPA standardizzati, con il GSE come garante». Sarà valutata anche «l'opzione di una valorizzazione di una parte delle risorse idroelettriche a favore della competitività delle imprese».
I numeri del mercato dell'energia per l'industria
Secondo l'analisi di Confindustria, «Lo scenario presente non mostra chiari segnali di miglioramento perché ad inizio 2025 si sono aggiunti ulteriori elementi di incertezza: la conferma dello stop dei flussi gas via tubo dalla Russia all’Europa attraverso l’Ucraina per la fine dell’accordo di transito; la rapida discesa del livello di riempimento degli stoccaggi gas, che a livello UE è ora al 69%, livello inferiore alla media degli ultimi 5 anni; l’attesa per le politiche energetiche della nuova amministrazione statunitense. Si è quindi arrivati nella prima settimana del 2025 ad avere prezzi del mercato spot del gas oltre i 50 c€/Smc e del mercato elettrico (PUN) oltre 135 €/MWh. Le imprese italiane non riescono a sostenere l’attuale gap di competitività, occorrono pertanto strumenti idonei per mantenere in esercizio gli impianti industriali».